Inviare messaggi sessualmente espliciti ad un minore di età integra il reato di cui all’art. 609-bis C.p. anche in assenza di contatto fisico tra le parti coinvolte (sul punto Cass. Sez. III, 8 settembre 2020, n. 25266 con riguardo ad una serie di messaggi di whatsapp allusivi e sessualmente espliciti inviati ad una ragazza, minore di età, costringendola a scattarsi foto e ad inoltrare una foto senza reggiseno nonché a ricevere una foto ritraente il membro maschile e commentarla, sotto la minaccia di pubblicare la chat su instagram e su pagine hot).
Tale interpretazione giuridica è in linea con la giurisprudenza di legittimità, (secondo cui il reato de quo sussiste anche in assenza di contatto fisico con la vittima, quando gli atti sessuali coinvolgano la corporeità sessuale della persona offesa e siano finalizzati e idonei a compromettere il bene primario della libertà individuale nella prospettiva di soddisfare o eccitare il proprio istinto sessuale), sebbene in taluni casi condotte siffatte sono state sussunte sotto la forma del tentativo.
Ed invero, Cass., Sez. 3, n. 8453 del 14/06/1994 ha qualificato come tentativo di violenza carnale (e non come diffamazione aggravata) il fatto di chi, minacciando, e poi attuando la minaccia, di inviare ai parenti di una donna foto compromettenti scattate in occasione di incontri amorosi con lei precedentemente avuti, tenti di costringerla ad ulteriori rapporti sessuale, non rilevando l’assenza di qualsivoglia approccio fisico, in quanto con l’effettuazione della minaccia, diretta a costringere la persona offesa alla congiunzione, iniziava comunque l’esecuzione materiale del reato; analogamente Cass., Sez. 3, n. 12987 del 03/12/2008 (dep. 2009), secondo cui, ai fini della configurabilità del tentativo di atti sessuali con minorenne nel caso in cui il contatto tra il reo ed il minore avvenga mediante comunicazione a distanza, è necessario accertare, da un lato, l’univoca intenzione dell’agente di soddisfare la propria concupiscenza e, dall’altro, l’oggettiva idoneità della condotta a violare la libertà di autodeterminazione sessuale della vittima (fattispecie in cui il reo aveva inviato a mezzo telefono cellulare un SMS ad un minore nel tentativo di indurlo a compiere sulla propria persona atti di autoerotismo).
Più recentemente Cass., Sez. 3, n. 19033 del 26/03/2013, ha affermato, con ampi riferimenti alla giurisprudenza già formatasi sul tema, che nella violenza sessuale commessa mediante strumenti telematici di comunicazione a distanza, la mancanza di contatto fisico tra l’autore del reato e la vittima non è determinante ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante del fatto di minore gravità. Ha ravvisato l’integrazione del reato di cui all’art. 609-quater C.p. nella condotta di richiesta ad un minorenne, nel corso di una conversazione telefonica, di compiere atti sessuali, di filmarli e di inviarli immediatamente all’interlocutore, non distinguendosi tale fattispecie da quella del minore che compia atti sessuali durante una video-chiamata o una video-conversazione, Cass., Sez. 3, n. 17509 del 30/10/2018, dep. 2019.
Cass. Sez. III, 8 settembre 2020, n. 25266