Sulla base dell’ orientamento recentemente espresso dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, in base al quale si è chiarito che sussiste il diritto dell’imputato di vedere applicata nei suoi confronti la ” lex mitior “, desumibile dall’art. 2, comma quarto, Codice Penale, ovvero di essere giudicato in base al trattamento più favorevole tra quelli succedutisi nel tempo.
Il che comporta per il giudice della cognizione il dovere di applicare la ” lex mitior ” anche nel caso in cui la pena inflitta con la legge previgente rientri nella nuova cornice sopravvenuta, in quanto la finalità rieducativa della pena ed il rispetto dei principi di uguaglianza e di proporzionalità impongono di rivalutare la misura della sanzione, precedentemente individuata, sulla base dei parametri edittali modificati dal legislatore in termini di minore gravità (Sez. U, Sentenza n. 46653 del 26/06/2015, dep. 25/11/2015, Rv. 265110).
In materia di sospensione del processo con la messa alla prova formulata nel giudizio di appello si richiama, sul punto, il principio espresso dalla giurisprudenza di legittimità secondo il quale nel giudizio di appello l’imputato non può chiedere la sospensione del procedimento con la messa alla prova di cui all’ art. 168 bis Codice Penale, attesa l’incompatibilità del nuovo istituto con il sistema delle impugnazioni e la mancanza di una specifica disciplina transitoria.
L’istituto della messa alla prova si configura come un percorso del tutto alternativo rispetto all’accertamento giudiziale penale, ma non incide affatto sulla valutazione sociale del fatto, la cui valenza negativa rimane anzi il presupposto per imporre all’ imputato, il quale ne abbia fatto esplicita richiesta, un programma di trattamento alla cui osservanza con esito positivo consegua l’estinzione del reato.
Si è, dunque, al di fuori dell’ambito di operatività del principio di retroattività della lex mitior ed è, pertanto, da escludere che la mancata previsione di una applicazione retroattiva dell’istituto della messa alla prova si ponga in contrasto con l’art. 7, par. 1 CEDU, come interpretato dalla Corte di Strasburgo e violi l’art. 117, comma 1, Cost. che del primo (norma interposta) costituisce il parametro di legalità costituzionale (Sez. F, n. 35717 del 31/07/2014, Ceccaroni, Rv. 259935).
Corte di Cassazione Penale Ord. Sez. 7 Num. 33887 Anno 2016