Mediazione atipica
In materia di mediazione atipica, “si riscontrano due orientamenti divergenti nella giurisprudenza di legittimità: da un lato si sostiene che la disciplina di cui alla L. n. 39 del 1989 – e, in tempi più recenti, quella ricavabile dal Decreto Legislativo n. 59 del 2010, n. 5, (c.d. decreto Bersani bis) – non possa essere applicata alla mediazione atipica, con particolare riferimento al procacciamento di affari per la ontologica differenza tra le due figure, rinvenuta nella posizione di terzietà che assume il mediatore c.d. tipico, a differenza del rapporto che collega il procacciatore al cliente o preponente (Cass. n. 19066 del 2006; Cass. n. 7332 del 2009); dall’altro si afferma che, pur ferma restando tale diversità, sarebbe pur sempre identificabile un nucleo comune alle due figure rappresentato dalla interposizione tra più soggetti al fine di metterli in contatto per la conclusione di un affare (Cass. n. 4422 del 2009; Cass. n. 16147 del 2010, citata dalla sentenza di secondo grado; Cass. n. 15473 del 2011; Cass. n. 762 del 2014), tale dunque da spiegare la applicabilità della sanzione della perdita al diritto alla provvigione”.
Su tale questione si sono espresse le Sezioni Unite della Corte di Cassazione.
Ai fini di una più agevole comprensione della problematica devoluta alla cognizione delle Sezioni Unite, e’ opportuno ricordare che, ai sensi dell’articolo 1754 c.c., è mediatore “colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza”.
Tale definizione deve essere coordinata con le previsioni contenute nella L. n. 39 del 1989. In particolare, l’articolo 2, di tale legge prevede, al comma 1, che presso ciascuna camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura è istituito un ruolo degli agenti di affari in mediazione, nel quale devono iscriversi coloro che svolgono o intendono svolgere l’attività di mediazione, anche se esercitata in modo discontinuo o occasionale; stabilisce, al comma 2, che il ruolo è distinto in tre sezioni: una per gli agenti immobiliari, una per gli agenti merceologici ed una per gli agenti muniti di mandato a titolo oneroso, salvo ulteriori distinzioni in relazione a specifiche attività di mediazione da stabilire con il regolamento di cui all’articolo 11; detta, al comma 3, i requisiti per l’iscrizione nel detto ruolo; prescrive, al comma 4, che l’iscrizione al ruolo debba essere richiesta anche se l’attività viene esercitata in modo occasionale o discontinuo, da coloro che svolgono, su mandato a titolo oneroso, attività per la conclusione di affari relativi ad immobili od aziende. Ai sensi dell’articolo 6 di tale legge, poi, hanno diritto alla provvigione soltanto coloro che sono iscritti nei ruoli.
Il sistema previsto dalla L. n. 39 del 1989, è stato modificato dal Decreto Legislativo 26 marzo 2010, n. 59, il quale, all’articolo 73, sotto la rubrica “Attività di intermediazione commerciale e di affari”, ha previsto, al comma 1, la soppressione del ruolo di cui alla L. n. 39 del 1989, articolo 2, (comma 1); ha disposto che le attività disciplinate da tale legge siano soggette a segnalazione certificata di inizio di attività, da presentare alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura per il tramite dello sportello unico del comune competente per territorio ai sensi della L. 7 agosto 1990, n. 241, articolo 19, corredata delle autocertificazioni e delle certificazioni attestanti il possesso dei requisiti prescritti (comma 2); ha ulteriormente stabilito che la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura verifichi il possesso dei requisiti e iscriva i relativi dati nel registro delle imprese, se l’attività è svolta in forma di impresa, oppure nel repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA) previsto dalla L. 29 dicembre 1993, n. 580, articolo 8, e dal Decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581, articolo 9, e successive modificazioni, assegnando ad essi la qualifica di intermediario per le diverse tipologie di attività, distintamente previste dalla L. 3 febbraio 1989, n. 39 (comma 3); ha escluso l’applicabilità della nuova disciplina alle attività di agente d’affari non rientranti tra quelle disciplinate dalla L. n. 39 del 1989 (comma 4); ha disposto che le iscrizioni da esso previste per i soggetti diversi dalle imprese, siano effettuate in una apposita sezione del REA e abbiano effetto dichiarativo del possesso dei requisiti abilitanti all’esercizio della relativa attività professionale (comma 5); ha infine stabilito che, ad ogni effetto di legge, i richiami al ruolo contenuti nella L. n. 39 del 1989, si intendono riferiti alle iscrizioni previste dal presente articolo nel registro delle imprese o nel repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA).
Nella giurisprudenza di legittimità, si è chiarito che il Decreto Legislativo n. 59 del 2010, non ha fatto venire meno la preclusione alla corresponsione del corrispettivo per effetto della mancata iscrizione del mediatore al ruolo. Si è infatti affermato che l’articolo 73 citato ha soppresso il ruolo dei mediatori, previsto dalla L. n. 39 del 1989, articolo 2, ma non ha abrogato quest’ultima legge, prescrivendo invece che l’attività sia soggetta a dichiarazione di inizio di attività, da presentare alla Camera di commercio territorialmente competente, la quale, previa verifica dei requisiti autocertificati, iscrive i mediatori nel registro delle imprese, se esercitano l’attività in forma di impresa, e, altrimenti, nel repertorio delle notizie economiche e amministrative assegnando la qualifica di intermediario per le diverse tipologie di attività previste dalla L. n. 39 del 1989. Ne consegue che la L. n. 39 del 1989, articolo 6, secondo cui “hanno diritto alla provvigione soltanto coloro che sono iscritti nei ruoli”, va interpretata nel senso che, anche per i rapporti di mediazione sottoposti alla normativa prevista dal Decreto Legislativo n. 59 del 2010, hanno diritto alla provvigione solo i mediatori che siano iscritti nei registri delle imprese o nei repertori tenuti dalla camera di commercio (Cass. n. 762 del 2014; Cass. n. 10125 del 2011, Cass. n. 16147 del 2010).
Tanto premesso, giova ricordare che la Corte ha evidenziato come la riserva dello svolgimento dell’attività di mediazione solo a soggetti in possesso di determinati requisiti di idoneità tecnica e morale e la previsione del rifiuto di ogni tutela al mediatore non iscritto nel ruolo si giustificano, nella discrezionale scelta del legislatore nazionale, in relazione alla peculiare importanza assunta dalla mediazione nello sviluppo dei traffici e all’esigenza, sempre più avvertita, di tutelare il generale interesse ad un ordinato e corretto sviluppo di un’attività che spesso costituisce l’unico tramite per la conclusione degli affari (Cass. n. 13184 del 2007). Con la precisazione (Cass. n. 19066 del 2006, punto 7.3. dei Motivi della decisione) che la legge n. 39 del 1989 non si pone in contrasto con il diritto comunitario la’ dove essa condiziona il sorgere del diritto al compenso all’iscrizione nei ruoli, secondo anche quanto ritenuto dalla Corte di giustizia con sentenza 25 giugno 1992, in causa C-147/91, la quale ha statuito che la direttiva 67/43/CEE, concernente la realizzazione della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi per le attività non salariate relative al settore degli affari immobiliari, non impedisce allo Stato membro di riservare determinate attività rilevanti nel settore degli affari immobiliari alla persone autorizzate ad esercitare la professione di agente immobiliare.
Si e’ quindi affermato che, a prescindere dalla sorte del contratto di mediazione, se cioè in relazione ad esso sia predicabile la nullità (Cass. n. 15849 del 2000; Cass. n. 14076 del 2002; Cass. n. 11247 del 2003; Cass. n. 8581 del 2013) ovvero no (Cass. n. 9380 del 2002), e’ comunque certo che il soggetto che esercita attività d’intermediazione, si tratti di persona fisica ovvero di impresa collettiva, ha diritto alla provvigione soltanto se ed in quanto sia iscritto nel ruolo, essendo la detta iscrizione elemento costitutivo della domanda (Cass. n. 5935 del 2005).
Le indicazioni che si desumono sia dalla normativa applicabile, sia dalla giurisprudenza di legittimità, assumono rilievo nel caso di specie, nel quale si discute del diritto al compenso spettante alla odierna ricorrente per l’attività di procacciamento di affari dalla stessa svolta su incarico della società resistente, al fine della individuazione di un acquirente per un complesso di macchinari di ingente valore. Pacifico essendo lo svolgimento di tale attività, certamente non riconducibile nell’ambito della mediazione tipica, per la quale operano i requisiti formali di iscrizione del mediatore all’albo di cui alla L. n. 39 del 1989, i profili di contrasto evidenziati nell’ordinanza di rimessione si appuntano sulla possibilità di attrarre anche il procacciatore d’affari nell’ambito della disciplina positivamente prevista per la mediazione, e quindi sulla necessità che il procacciatore di affari, per poter fondatamente richiedere il pagamento per l’attività espletata, debba o no essere iscritto nel ruolo di cui alla L. n. 39 del 1989, articolo 2, ovvero nei registri o repertori di cui al Decreto Legislativo n. 59 del 2010, articolo 73.
Per un esatto inquadramento della vicenda appare quindi utile ricordare, in sintesi, che, come detto, mediatore è colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcune di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza. La sua attività si caratterizza per il fatto di essere imparziale rispetto alle parti messe in contatto, e il diritto alla provvigione sorge, ex articolo 1755 c.c., solo quando la conclusione dell’affare e’ il risultato del suo intervento. Il medesimo diritto, peraltro, é subordinato alla iscrizione del mediatore nel ruolo degli agenti di affari di mediazione (ora alla segnalazione di inizio di attività certificata cui fa seguito la iscrizione nel registro delle imprese ovvero nel repertorio delle notizie economiche).
Il procacciatore d’affari e’ invece un collaboratore occasionale la cui attività promozionale è normalmente attuativa del rapporto intercorrente con il preponente, dal quale soltanto può pretendere il pagamento della provvigione; egli e’ quindi collaboratore della società preponente (o dell’agente di quest’ultima), che svolge un’attività, caratterizzata dall’assenza di subordinazione e dalla mancanza di stabilità, consistente nella segnalazione di potenziali clienti e nella raccolta di proposte di contratto ovvero di ordini, senza intervenire nelle trattative per la conclusione dei contratti. Il suo compito e’ limitato a mettere in contatto le parti su incarico di una di queste.
Nella giurisprudenza di legittimità, si afferma che costituisce elemento comune alla figura del mediatore e a quella del procacciatore d’affari la prestazione di un’attività di intermediazione diretta a favorire tra terzi la conclusione di un affare, con conseguente applicazione di alcune identiche disposizioni in materia di diritto alla provvigione, mentre l’elemento distintivo consiste nel fatto che il mediatore e’ un soggetto imparziale, e nel procacciamento di affari l’attività dell’intermediario e’ prestata esclusivamente nell’interesse di una delle parti (Cass. n. 27729 del 2005; Cass. n. 4422 del 2009; Cass. n. 26360 del 2016). Il mediatore si distingue dal procacciatore di affari per l’imparzialità che e’ requisito tipico del mediatore, e per il rapporto di collaborazione che – assente secondo l’espresso dettato normativo nella mediazione (articolo 1754 cod. civ.) caratterizza il procacciatore d’affari, il quale, anche senza carattere di stabilità, agisce nell’esclusivo interesse del preponente, solitamente imprenditore, raccogliendo proposte di contratto ovvero ordinazioni presso terzi e trasmettendogliele (Cass. n. 12694 del 2010).
Ove, invece, il procacciatore d’affari operi stabilmente con un determinato preponente, la disciplina del rapporto risulta assimilabile piuttosto al rapporto di agenzia, con conseguente inoperatività del disposto di cui alla L. n. 39 del 1989, articolo 6. Si afferma infatti che al procacciatore d’affari sono applicabili, in via analogica, le disposizioni del contratto d’agenzia (Cass. n. 4422 del 2009; Cass. n. 26370 del 2016).
Il mediatore e il procacciatore d’affari individuano, quindi, due distinte figure negoziali – la prima tipica e la seconda atipica – che si differenziano per la posizione di imparzialità del mediatore rispetto al procacciatore, il quale, invece, agisce su incarico di una delle parti interessate, dalla quale soltanto può pretendere la provvigione. E proprio perchè il procacciatore d’affari agisce in base ad incarico di una parte può ritenersi che la sua attività debba essere attratta nell’ambito della mediazione atipica.
E’ dunque configurabile, accanto alla mediazione ordinaria, una mediazione negoziale cosiddetta atipica, fondata su un contratto a prestazioni corrispettive, con riguardo anche ad una soltanto delle parti interessate (c.d. mediazione unilaterale). Tale ipotesi ricorre nel caso in cui una parte, volendo concludere un affare, incarichi altri di svolgere un’attività intesa alla ricerca di un persona interessata alla conclusione del medesimo affare a determinate, prestabilite condizioni. Essa, inoltre, rientra nell’ambito di applicabilità della disposizione prevista dalla L. n. 39 del 1989, articolo 2, comma 4, che, per l’appunto, disciplina anche ipotesi atipiche di mediazione, stante la rilevanza, nell’atipicità, che assume il connotato della mediazione, alla quale si accompagna l’attività ulteriore in vista della conclusione dell’affare (Cass. n. 19066 del 1996; Cass. n. 16147 del 2010).
Tanto premesso, e venendo al profilo specifico sul quale si e’ rilevata l’esistenza di un contrasto nella giurisprudenza di legittimità, occorre rilevare che le posizioni contrarie alla estensione al procacciatore d’affari dell’obbligo di iscrizione, quale requisito essenziale per il sorgere del diritto alla corresponsione della provvigione, si fondano sulla natura eccezionale della disposizione di cui alla L. n. 39 del 1989, articolo 6, e quindi sulla applicabilità del complesso di previsioni in quella legge contenuta esclusivamente al caso della mediazione tipica. Si è, infatti, affermato (Cass. n. 27729 del 2005) che, poiché la L. n. 39 del 1989, articolo 1, – come già la L. n. 253 del 1958, articolo 1, – dispone che le norme da essa previste si applicano ai mediatori di cui al capo XI del libro terzo del codice civile (con eccezioni che qui non rilevano), la norma eccezionale, come tale non estensibile analogicamente, di cui all’articolo 6 della stessa legge, in forza della quale hanno diritto alla provvigione soltanto coloro che sono iscritti nei ruoli, trova applicazione anche ai procacciatori solo nel caso in cui si ritenga che tale categoria sia in tutto e per tutto equiparabile a quella dei mediatori, ma non anche nel caso opposto di due distinte figure negoziali. Mediazione e procacciamento d’affari, si sottolinea, individuano due distinte figure negoziali – la prima tipica e la seconda atipica – che si differenziano per la posizione di imparzialità del mediatore rispetto al procacciatore, il quale, invece, agisce su incarico di una delle parti interessate, dalla quale soltanto può pretendere la provvigione, sicché il secondo non e’ soggetto all’applicazione della norma eccezionale di cui al citato articolo 6 (Cass. n. 27729 del 2005; Cass. n. 1441 del 2005; Cass. n. 12106 del 2003).
Al contrario, si sostiene che le medesime ragioni che sottostanno alla previsione dell’obbligo di iscrizione del mediatore e alla configurazione di detta iscrizione quale condizione del diritto alla provvigione, debbano trovare applicazione anche nelle ipotesi di mediazione atipica, e quindi anche in quella del procacciatore d’affari, valorizzando il nucleo essenziale delle prestazioni svolte da mediatore e procacciatore d’affari, che consiste nello svolgimento dell’attività di mediazione. Si evidenza, in questa prospettiva, il fatto che il codice qualifica come mediatore anche colui che ha ricevuto l’incarico di promuovere la conclusione dell’affare da una sola delle due parti (articolo 1756 c.c.) ovvero colui che ha avuto l’incarico da una delle due parti di rappresentarla negli atti relativi all’esecuzione del contratto concluso con il suo intervento (articolo 1761 c.c.). Il conferimento di un mandato – che si presume oneroso – non colloca l’attivita’ svolta dall’incaricato al di fuori del perimetro della mediazione, sempre che, ovviamente, l’incarico abbia ad oggetto la ricerca di un acquirente di un bene che il preponente intende alienare (Cass. n. 16147 del 2010; Cass. n. 19066 del 1996).
Il Collegio ritiene che debba essere privilegiato questo secondo orientamento. Queste le ragioni.
La L. n. 39 del 1989, articolo 2, comma 4, stabilisce che l’iscrizione al ruolo deve essere richiesta anche se l’attività viene esercitata in modo occasionale o discontinuo da coloro che svolgono, su mandato a titolo oneroso, attività per la conclusione di affari relativi ad immobili o ad aziende. E poiché nella nozione di mandato a titolo oneroso deve ritenersi rientri anche l’incarico conferito ad un soggetto o ad un’impresa finalizzato alla ricerca di altri soggetti interessati alla conclusione di un determinato affare, anche i procacciatori di affari, che su incarico di una parte svolgano l’attività di intermediazione per la conclusione di un affare concernente beni immobili o aziende, devono essere iscritti nel ruolo di cui alla L. n. 39 del 1989, con la conseguenza che la mancata iscrizione esclude il diritto alla provvigione.
Ove si tenga conto che il comma 2, della medesima legge prevede che il ruolo degli agenti sia distinto in tre sezioni, una delle quali per gli agenti muniti di mandato a titolo oneroso, è agevole concludere che la occasionalità dell’attività svolta sulla base di mandato oneroso esonera dalla iscrizione dell’agente nella speciale sezione del ruolo solo nel caso in cui l’attività abbia ad oggetto beni diversi dai beni immobili o dalle aziende. In sintesi, l’attività occasionale svolta dal mediatore tipico o atipico che si riferisca alla intermediazione in affari concernenti beni mobili non richiede l’iscrizione di cui alla L. n. 89 del 1989, articolo 2, (e ora al Decreto Legislativo n. 59 del 2010, articolo 73).
Ove viceversa l’attività sia svolta a titolo professionale, deve ritenersi che qualsiasi forma assuma la mediazione e qualsiasi sia l’oggetto della intermediazione, e quindi anche i beni mobili, il mediatore, tipico o atipico è tenuto all’iscrizione nel ruolo (ora nel registro delle imprese o nel repertorio delle attività economiche), con tutte le conseguenze che dalla mancanza di iscrizione derivano quanto al diritto alla provvigione.
Quanto ai profili di compatibilità comunitaria e di coerenza costituzionale dell’obbligo di iscrizione di cui si discute, si deve qui rilevare che nella citata sentenza n. 13184 del 2007, si è rilevato che in seguito alla decisione della Corte di giustizia dell’Unione Europea in data 30 aprile 1998, resa nel procedimento C- 215 del 1997 Barbara Bellone c. Yokohama – che, decidendo una questione pregiudiziale relativa all’interpretazione della direttiva 18 dicembre 1986, n. 653, relativa al coordinamento dei diritti degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti, ha statuito che detta direttiva “osta ad una normativa nazionale che subordini la validità di un contratto di agenzia all’iscrizione dell’agente di commercio in apposito albo” -, la Corte ha escluso che la validità del contratto di agenzia possa essere subordinata all’iscrizione dell’agente nel relativo albo (così disapplicando la norma interna dell’articolo 9 della legge n. 204 del 1985: Cass. n. 5505 del 2002; Cass. n. 3914 del 2002; Cass. n. 12580 del 1999). Nella stessa sentenza, tuttavia, si è chiarito che la citata direttiva n. 86/653/CEE, riguardando la figura dell’agente commerciale, e cioè “la persona che, in qualita’ di intermediario indipendente, e’ incaricata in maniera permanente di trattare per un’altra persona,… chiamata preponente, la vendita o l’acquisto di merci, ovvero di trattare e di concludere dette operazioni in nome e per conto del preponente” (articolo 1, comma 2), non si rivolge al mediatore, il quale agisce in posizione di terzietà rispetto ai contraenti posti in contatto, a tale stregua differenziandosi dall’agente di commercio, che attua invece una collaborazione abituale e professionale con altro imprenditore (in tal senso, si veda anche Cass. n. 13636 del 2004). Ma non può ritenersi applicabile neanche al mediatore atipico o unilaterale, né al procacciatore d’affari, difettando il requisito della collaborazione abituale e professionale con altro imprenditore.
Peraltro, come già rilevato, ove il procacciatore d’affari operi stabilmente con un determinato preponente, la disciplina del rapporto risulta assimilabile piuttosto al rapporto di agenzia, con conseguente inoperatività del disposto di cui alla L. n. 39 del 1989, articolo 6.
In questa prospettiva, la riserva dello svolgimento dell’attività di mediazione – tipica o atipica – solo a soggetti in possesso di determinati requisiti di idoneità tecnica e morale e la previsione del rifiuto di ogni tutela al mediatore non iscritto nel ruolo si giustificano, nella discrezionale scelta del legislatore nazionale, in relazione alla peculiare importanza assunta dalla mediazione nello sviluppo dei traffici e all’esigenza, sempre più avvertita, di tutelare il generale interesse ad un ordinato e corretto sviluppo di un’attività che spesso costituisce l’unico tramite per la conclusione degli affari (Cass. n. 13184 del 2007, cit.).
Si deve solo ribadire che la direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 12 dicembre 2006, n. 123, relativa alla materia dei servizi nel mercato interno, attuata dal Decreto Legislativo n. 59 del 2010, con il quale e’ stato soppresso il ruolo dei mediatori, non ha posto ostacoli diretti alla conservazione degli effetti della pregressa normativa incidenti sulla retribuzione del mediatore non iscritto. E il Decreto Legislativo n. 59 del 2010, articolo 73, non ha abrogato la L. n. 39 del 1989, sicché l’articolo 6 della stessa deve interpretarsi nel senso che, anche per i rapporti di mediazione sottoposti alla normativa di cui al tale decreto legislativo, hanno diritto alla provvigione i soli mediatori, tipici o atipici, iscritti nei registri o nei repertori tenuti dalla camera di commercio (Cass. n. 10205 del 2011; Cass. n. 16147 del 2010).
Da ultimo, deve poi rilevarsi che la esclusione del diritto alle provvigioni del mediatore nei casi in cui la detta iscrizione debba considerarsi obbligatoria trova fondamento nella L. n. 39 del 1989, articolo 8, comma 1, il quale, prevedendo che chiunque eserciti l’attività di mediazione senza essere iscritto al ruolo e’ tenuto, oltre al pagamento della relativa sanzione amministrativa, anche alla restituzione alle parti contraenti delle provvigioni percepite, esclude la possibilità di agire nei confronti dei contraenti, ai sensi dell’articolo 2033 c.c., a titolo di indebito oggettivo. Infatti, mentre quest’ultimo trova il proprio fondamento giuridico nell’assenza di causa dell’attribuzione patrimoniale effettuata, l’obbligo di restituzione del compenso previsto dal citato articolo 8 costituisce una sorta di sanzione per lo svolgimento dell’attività senza previa iscrizione all’albo (Cass. n. 11025 del 2011, cit.).
In conclusione, deve essere affermato il seguente principio di diritto:
“e’ configurabile, accanto alla mediazione ordinaria, una mediazione negoziale cosiddetta atipica, fondata su un contratto a prestazioni corrispettive, con riguardo anche ad una soltanto delle parti interessate (c.d. mediazione unilaterale). Tale ipotesi ricorre nel caso in cui una parte, volendo concludere un singolo affare, incarichi altri di svolgere un’attivita’ intesa alla ricerca di un persona interessata alla conclusione del medesimo affare a determinate, prestabilite condizioni, e proprio per il suo estrinsecarsi in attivita’ di intermediazione, rientra nell’ambito di applicabilita’ della disposizione prevista dalla L. n. 39 del 1989, articolo 2, comma 4, che, per l’appunto, disciplina anche ipotesi atipiche di mediazione per il caso in cui oggetto dell’affare siano beni immobili o aziende. Ove oggetto dell’affare siano altre tipologie di beni – e segnatamente beni mobili – l’obbligo di iscrizione sussiste solo per chi svolga la detta attivita’ in modo non occasionale e quindi professionale o continuativo. Ove ricorra tale ipotesi, anche per l’esercizio di questa attivita’ e’ richiesta l’iscrizione nell’albo degli agenti di affari in mediazione di cui alla citata L. n. 39 del 1989, menzionato articolo 2, (ora, a seguito dell’abrogazione del ruolo dei mediatori, la dichiarazione di inizio di attivita’ alla Camera di commercio, ai sensi del Decreto Legislativo n. 59 del 2010, articolo 73), ragion per cui il suo svolgimento in difetto di tale condizione esclude, ai sensi dell’articolo 6 della stessa legge, il diritto alla provvigione”.
Corte di Cassazione, sezioni unite civili, sentenza 2 agosto 2017, n. 19161