Modifica dell’originaria imputazione e procedimento con messa alla prova

Modifica dell’originaria imputazione Messa alla prova nell’ipotesi in cui si proceda per reati connessi Responsabilità civile dei magistrati Risarcimento del danno Tutela del patrimonio storico della Prima guerra mondiale Esercizio del commercio in aree di valore culturale Codice dei beni culturali Limiti al diritto di manifestare liberamente La libertà di manifestazione del pensiero La tutela dei beni culturali Prostituzione volontaria Immobili ed aree di notevole interesse pubblico Reddito di cittadinanza Diffamazione a mezzo stampa giudizio abbreviato e immediato Controversie e provvedimenti in caso di inadempienze o violazioni Libertà e la segretezza della corrispondenza violenza sessuale di gruppoLa Corte Costituzionale, con la sentenza che si riporta in commento, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 516 del codice di procedura penale, nella parte in cui, in seguito alla modifica dell’originaria imputazione, non prevede la facoltà dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento la sospensione del procedimento con messa alla prova.

Come da ultimo estesamente ricapitolato nella sentenza n. 141 del 2018, una risalente giurisprudenza di questa Corte, muovendo dalla premessa per cui la scelta dei riti alternativi da parte dell’imputato costituisce una delle più qualificanti espressioni del suo diritto di difesa, ha di volta in volta dichiarato illegittimi gli artt. 516 e 517 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedevano la facoltà dell’imputato di essere ammesso a un rito speciale a contenuto premiale allorché, nel corso dell’istruttoria dibattimentale, fosse emerso – rispettivamente – un fatto diverso da quello originariamente contestato, ovvero un reato connesso o una circostanza aggravante non previamente contestati all’imputato. Tali preclusioni sono apparse alla Corte lesive, altresì, del principio di eguaglianza, «venendo l’imputato irragionevolmente discriminato, ai fini dell’accesso ai procedimenti speciali, in dipendenza dalla maggiore o minore esattezza o completezza della discrezionale valutazione delle risultanze delle indagini preliminari operata dal pubblico ministero» (sentenza n. 265 del 1994).

In una prima fase, per la verità, le dichiarazioni di illegittimità costituzionale erano state spesso circoscritte all’ipotesi in cui la diversa o nuova contestazione concernesse un fatto già risultante dagli atti di indagine al momento dell’esercizio dell’azione penale (così le sentenze n. 184 del 2014, n. 333 del 2009 e n. 265 del 1994). Questo criterio limitativo è stato però progressivamente abbandonato dalle pronunce più recenti (sentenze n. 82 del 2019, n. 141 del 2018, n. 206 del 2017, n. 273 del 2014 e n. 237 del 2012), nelle quali si è in sostanza sottolineato che, in ogni ipotesi di nuove contestazioni – indipendentemente dalla circostanza per cui ciò sia o meno addebitabile alla negligenza del pubblico ministero nella formulazione dell’originaria imputazione –, all’imputato deve essere restituita la possibilità di esercitare le proprie scelte difensive, comprensive della decisione di chiedere un rito alternativo.

Tale generale principio è stato applicato dalla più volte menzionata sentenza n. 141 del 2018 all’ipotesi di contestazione di nuove circostanze aggravanti nel corso dell’istruttoria dibattimentale di cui all’art. 517 cod. proc. pen., in relazione all’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova; istituto che, ha osservato questa Corte, «ha effetti sostanziali, perché dà luogo all’estinzione del reato, ma è connotato da un’intrinseca dimensione processuale, in quanto consiste in un nuovo procedimento speciale, alternativo al giudizio» (sentenza n. 240 del 2015, nonché, nello stesso senso, sentenze n. 68 del 2019 e n. 91 del 2018).

Il principio non può ora che essere esteso anche all’ipotesi – strutturalmente identica, sotto il profilo che qui rileva – prevista dall’art. 516 cod. proc. pen., il quale deve, pertanto, essere dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui, in seguito alla modifica dell’originaria imputazione, non prevede la facoltà dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento la sospensione del procedimento con messa alla prova.

Corte costituzionale, sentenza 11 febbraio 2020, n. 14 

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