La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento affronta la questione inerente la sospensione del processo con messa alla prova, la quale deve essere disposta sia con riferimento alla idoneità del programma di trattamento, ma anche alla natura del reato e alla personalità del soggetto secondo i parametri di cui all’art. 133 C.p. al fine della formulazione di una favorevole prognosi.
Nel caso di specie veniva impugnato il provvedimento di sospensione con messa alla prova dinanzi alla Corte di legittimità da parte del Pubblico Ministero affermando l’elusione del disposto dell’art. 464-quater, comma 3, C.p.P., in forza del quale, tenendo conto dei parametri di cui all’art. 133 C.p., deve essere valutata l’idoneità del programma e congiuntamente deve essere formulato un giudizio prognostico in ordine alla futura commissione di ulteriori reati.
Deve al riguardo rilevarsi che l’istituto della messa alla prova è volto ad assicurare la risocializzazione del reo attraverso un percorso che deve tener conto della natura del reato, della personalità del soggetto e delle prescrizioni imposte, così da consentire la formulazione di un favorevole giudizio prognostico.
In particolare l’art. 464, quater, comma 3, C.p.P. prevede espressamente che il Giudice in base ai parametri di cui all’art. 133 C.p. deve giudicare idoneo il programma di trattamento e congiuntamente deve ritenere che l’imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati (sul punto si rinvia a Cass., Sez. 4, n. 8158 del 13/2/2020; Cass., Sez. 5, n. 7983 del 25/10/2015).
Ciò in effetti si correla alla peculiare natura dell’istituto, da un lato connotato dal fatto che l’imputato rinuncia al processo ordinario trovando il vantaggio di un trattamento sanzionatorio non detentivo e dall’altro dal perseguimento di scopi specialpreventivi in una fase anticipata, in cui viene “infranta” la sequenza cognizione-esecuzione della pena, in funzione del raggiungimento della risocializzazione del soggetto (come posto in luce da Cass., Sez. U. n. 36272 del 31/3/2016).
In tale prospettiva deve dunque segnalarsi che (come rilevato nella sentenza n. 91 del 2018 della Corte Costituzionale) “il trattamento per sua natura è caratterizzato dalla finalità specialpreventiva e risocializzante che deve perseguire e deve perciò essere ampiamente modulabile, tenendo conto della personalità dell’imputato e dei reati oggetto dell’imputazione“.
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 6 Num. 31900 Anno 2020
Buongiorno avrei bisogno di un’informazione.
Sono titolare di uno studio dentistico, l’odontotecnico che collabora con me mi ha rilasciato dei certificati di conformità su lavori da lui fatti non veritieri in quanto dichiara che sono stati usati dei materiali (oro) in una determinata percentuale è questo non corrisponde al vero avendoli fatti analizzare.
Chiedo quindi quanto tempo ho per poterlo eventualmente denunciare.
Grazie per una cortese risposta.
Egregio Signore
Il termine per proporre una denuncia penale è quello di tre mesi di tempo dal giorno in cui si ha avuto conoscenza del reato. Scaduto detto termine si verifica la decadenza del diritto di proporre la denuncia penale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale