Offese in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle Autorità giudiziarie o amministrative
Le offese in scritti e discorsi possono integrare il reato di diffamazione a meno che sia riconosciuta la sussistenza della scriminante del diritto critica difensiva contenuta in atti giudiziari, prevista dall’art. 598 c.p.
Non sono punibili le offese contenute negli scritti presentati o nei discorsi pronunciati dalle parti o dai loro patrocinatori nei procedimenti dinanzi all’Autorità giudiziaria, ovvero dinanzi a un’Autorità amministrativa, quando le offese concernono l’oggetto della causa o del ricorso amministrativo.
Il giudice, pronunciando nella causa, può, oltre ai provvedimenti disciplinari, ordinare la soppressione o la cancellazione, in tutto o in parte, delle scritture offensive, e assegnare alla persona offesa una somma a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale. Qualora si tratti di scritture per le quali la soppressione o cancellazione non possa eseguirsi, è fatta sulle medesime annotazioni della sentenza.
Nel caso di specie è stata affermata la responsabilità dell’imputata in ordine al reato di diffamazione in riferimento all’esistenza di due scritti diffamatori e per entrambi, quindi, è stata esclusa la sussistenza della scriminante del diritto critica difensiva contenuta in atti giudiziari, prevista dall’art. 598 c.p. Più specificatamente nel caso di specie, imputata e persona offesa sono due avvocatesse, con rapporti reciprocamente conflittuali, esasperatisi nella difesa, su fronti contrapposti, di due coniugi coinvolti in un procedimento per separazione, nell’ambito della quale la persona offesa ha intrapreso una relazione sentimentale con il marito separando della coppia, suo assistito. In tale contesto, l’imputata ha inoltrato al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di (…) un esposto nei confronti della collega, persona offesa, ed una memoria difensiva in proprio favore, nella quale riportava espressioni ritenute dai giudici di merito lesive dell’onore della stessa, mettendone in discussione il “profilo personale e psicologico“, accusandola di “gravissime violazioni” nel corso degli anni; di tenere una condotta “lontana dalla decenza e dal buon gusto“; …. nonché tacciandola di “numerosi insuccessi professionali“, “impertinenza“, “villania” e di aver posto in essere “stratagemmi“, …. ricavandone vantaggi personali e facendosi “promotrice di un’iniziativa processuale da cui trarre vantaggi finanziari attraverso un’operazione economica a suo esclusivo e personale interesse“.
Orbene, come noto, la giurisprudenza di legittimità ritiene che l’esimente di cui all’art. 598 c.p. (non punibilità delle offese contenute in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle Autorità giudiziarie e amministrative) non è applicabile agli esposti inviati al Consiglio dell’Ordine forense, in quanto l’autore dell’esposto non è parte nel successivo giudizio disciplinare e l’esimente di cui all’art. 598 c.p. attiene agli scritti difensivi in senso stretto, con esclusione di esposti e denunce (cfr., tra le pìù recenti, Cass., Sez. 5, n. 39486 del 6/7/2018; Cass., Sez. 5, n. 8421 del 23/1/2019, in motivazione).
Corte di Cassazione penale, Sez. V, 18 maggio 2022, n. 19496