Ordinanza cautelare
L’ordinanza che dispone la misura cautelare contiene, a pena di nullità rilevabile anche d’ufficio:
a) le generalità dell’imputato o quanto altro valga a identificarlo;
b) la descrizione sommaria del fatto con l’indicazione delle norme di legge che si assumono violate;
c) l’esposizione e l’autonoma valutazione delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano in concreto la misura disposta, con l’indicazione degli elementi di fatto da cui sono desunti e dei motivi per i quali essi assumono rilevanza, tenuto conto anche del tempo trascorso dalla commissione del reato;
c-bis) l’esposizione e l’autonoma valutazione dei motivi per i quali sono stati ritenuti non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa, nonché, in caso di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, l’esposizione delle concrete e specifiche ragioni per le quali le esigenze di cui all’articolo 274 non possono essere soddisfatte con altre misure;
d) la fissazione della data di scadenza della misura, in relazione alle indagini da compiere, allorché questa è disposta al fine di garantire l’esigenza cautelare di cui alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 274;
e) la data e la sottoscrizione del giudice.
Si ha vizio di motivazione dell’ordinanza cautelare in relazione agli artt. 292, comma 2 lett. c), e 309, comma 9, C.p.P. qualora la motivazione si mancante in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e alle esigenze cautelari nonché all’idoneità e proporzionalità della misura adottata.
A fronte di tale radicale mancanza del corredo motivazionale, il Tribunale dovrebbe annullare l’ordinanza in ossequio al chiaro dettato dell’art. 309, comma 9, cod. proc. pen. là dove prevede che “il tribunale annulla il provvedimento impugnato se la motivazione manca o non contiene l’autonoma valutazione, a norma dell’articolo 292, delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla difesa“.
Ed invero, in linea con il principio di diritto già affermato dalla Suprema Corte di Cassazione già in epoca antecedente alla modifica con la legge 16 aprile 2015, n. 47 (Sez. 2, n. 12537 del 04/12/2013 dep. 2014) e poi recepito nel testo del comma 9 del citato art. 309 con la novella del 2015, il potere-dovere del Tribunale del riesame di integrare le insufficienze motivazionali del provvedimento impugnato non opera nelle ipotesi di motivazione mancante o apparente, quale quella in cui il primo giudice si sia limitato ad una sterile rassegna delle fonti di prova a carico dell’indagato, in assenza di qualsiasi riferimento contenutistico e di enucleazione degli specifici elementi reputati indizianti. (Cass., Sez. 2, n. 46136 del 28/10/2015).
Corte di Cassazione Penale sentenza Sez. 6 n. 30786 del 2020