Peculato. La condotta del notaio che si appropria di somme ricevute dai clienti
Dispositivo dell’art. 314 Codice Penale
Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria(4), è punito con la reclusione da quattro a dieci anni e sei mesi.
Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l’uso momentaneo, è stata immediatamente restituita.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, infatti, la qualifica di pubblico ufficiale spetta al notaio non solo nell’esercizio del suo potere certificativo in senso stretto, ma in tutta la sua complessa attività, disciplinata da norme di diritto pubblico (legge notarile) e diretta alla formazione di atti pubblici (negozi giuridici notarili), ivi compresa l’attività di adempimento dell’obbligazione tributaria, nella specie il mancato versamento da parte del notaio di somme affidate da clienti, destinate al pagamento dell’imposta di registro in relazione agli atti rogati (explurimis: Sez. 5, n. 47178 del 16/10/2009, Materazzo; conf. Sez. 6, n. 6087 del 6/12/1994, Siciliani, Rv. 199183-01; Sez. 6, n. 28302 del 14/01/2003, Mottola, Rv. 225890-01, con riferimento all’appropriazione da parte del notaio delle somme al medesimo consegnate dai clienti per il pagamento dell’I.N.V.I.M.).
Integra, dunque, il reato di peculato la condotta del notaio che si appropria di somme ricevute dai clienti a titolo di sostituto d’imposta in relazione ad atti di compravendita immobiliare rogati, in quanto tale comportamento costituisce un inadempimento non a un proprio debito pecuniario, ma all’obbligo di consegnare il denaro al legittimo proprietario entro il termine stabilito, con la conseguenza che il predetto, sottraendo la res alla disponibilità dell’ente pubblico per un lasso temporale ragionevolmente apprezzabile, realizza un’inversione del titolo del possesso uti dominus (Sez. 6, n. 55753 del 13/11/2018, Puzone, Rv. 274728-01; Sez. 6, n. 20132 del 11/03/2015, Varchetta, Rv. 263547 – 01, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che correttamente la sentenza impugnata avesse affermato la responsabilità di un notaio il quale, indicando una base imponibile inferiore a quella prevista all’atto dei rogiti, aveva calcolato un’imposta da pagare più bassa di quella già versata dai clienti e incamerato la differenza conseguentemente non corrisposta all’erario).
L’adempimento dell’imposta di registro da parte del notaio, del resto, non interviene quando la funzione pubblica certificativa è cessata, ma ne costituisce necessario completamento, in quanto è strettamente connesso all’attribuzione della fede pubblica all’atto rogato e mira al soddisfacimento di un interesse pubblico.
L’art. 18 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro), espressamente sancisce che “(L)a registrazione … attesta l’esistenza degli atti ed attribuisce ad essi data certa di fronte ai terzi a norma dell’art. 2704 del codice civile“.
Questa connessione è ulteriormente resa esplicita dall’art. 28 della legge 16 febbraio 1913, n. 89 (Sull’ordinamento del notariato e degli archivi notarili), che consente al notaio di rifiutare la redazione dell’atto, qualora le parti non gli rendano immediatamente disponibili le somme necessarie per adempiere le tasse.
Il notaio è, inoltre, responsabile del pagamento dell’imposta di registro, solidalmente con le parti, in relazione agli “atti enunciati” nell’atto rogato, secondo quanto sancito dall’art. 57 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro).
Il fatto che il notaio sia responsabile d’imposta ed assuma come tale la veste di coobbligato solidale (dipendente), che la legge affianca al soggetto passivo d’imposta al fine di agevolare la riscossione dei tributi, tuttavia, non vale certo ad escludere la qualifica pubblicistica che gli compete.
E’ vero che la giurisprudenza di legittimità ha escluso la configurabilità del delitto di peculato con riferimento alle condotte di ritardato o di parziale versamento dell’imposta di soggiorno, in quanto l’art. 180 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla legge 20 luglio 2020, n. 77 ha attribuito la qualifica di responsabile d’imposta a tale operatore turistico, a fronte della previgente disciplina che lo investiva, quale agente contabile, del servizio pubblico di riscossione del detto tributo (ex plurimis: Sez. 5, n. 12516 del 10/03/2022, Moiraghi, Rv. 283463-01; Sez. 6, n. 9213 del 15/02/2022, Khvostova, Rv. 282997-01).
Il notaio, tuttavia, a differenza dell’albergatore, non solo è responsabile di imposta, ma è investito di specifiche funzione pubbliche certificative, strettamente connesse alla registrazione dell’atto rogato.
Corte di Cassazione Sez. VI Penale – 05 settembre 2024 n. 33856