Permesso premio
Ai condannati che hanno tenuto regolare condotta … e che non risultano socialmente pericolose, il magistrato di sorveglianza, …, può concedere permessi premio di durata non superiore ogni volta a quindici giorni per consentire di coltivare interessi affettivi, culturali o di lavoro. La durata dei permessi non può superare complessivamente quarantacinque giorni in ciascun anno di espiazione.
Ai fini della concessione del beneficio del permesso premio previsto dall’art. 30-ter Ord. pen., il magistrato di sorveglianza deve accertare, acquisendo informazioni adeguate, la sussistenza di tre requisiti da considerarsi presupposti logico-giuridici della concedibilità del beneficio: in primo luogo, la regolare condotta del detenuto; in secondo luogo, l’assenza di pericolosità sociale dello stesso; in terzo luogo, la funzionalità del permesso alla coltivazione di interessi affettivi, culturali e di lavoro.
L’art. 30-ter cit. prevede, al primo comma, che «ai condannati che hanno tenuto regolare condotta ai sensi del successivo comma 8 e che non risultano socialmente pericolosi, il magistrato di sorveglianza, sentito il direttore dell’istituto, può concedere permessi premio di durata non superiore ogni volta a quindici giorni per consentire di coltivare interessi affettivi, culturali o di lavoro».
L’ottavo comma dell’art. 30-ter specifica, poi, che «La condotta dei condannati si considera regolare quando i soggetti, durante la detenzione, hanno manifestato costante senso di responsabilità e correttezza nel comportamento personale, nelle attività organizzate negli istituti e nelle eventuali attività lavorative o culturali».
In coerenza con tale impostazione la procedura innescata dalla richiesta di permesso premio segue un iter di acquisizioni e di verifiche rimesso alle iniziative dell’Autorità procedente.
L’istituto dei permessi premio è, infatti, volto a soddisfare una pluralità di concorrenti esigenze, in quanto caratterizzato dalla specifica funzione pedagogico propulsiva — quale parte integrante del trattamento, di cui costituisce uno strumento cruciale, secondo quanto indicato dalla Corte costituzionale già con la sentenza n. 504 del 1995 — che si accompagna a quella premiale, strettamente connessa all’osservanza di una regolare condotta da parte del detenuto ed all’assenza, nel beneficiario, di pericolosità sociale, anche se orientata alla coltivazione di interessi affettivi, culturali e di lavoro.
Il giudice di sorveglianza, pertanto, a fronte dell’istanza intesa alla concessione dei permessi premio, deve accertare, acquisendo le informazioni necessarie a valutare la coerenza del permesso con il trattamento complessivo e con le sue finalità di risocializzazione, la sussistenza degli indicati tre requisiti, integranti altrettanti presupposti logico-giuridici della concedibilità del beneficio (Sez. 1, n. 36456 del 09/04/2018, Corrias, Rv. 273608; Sez. 1, n. 11581 del 05/02/2013, Grillo, Rv. 255311).
L’art. 65, d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, prevede che la domanda, volta ad ottenere tale beneficio, sia corredata, oltre che dal parere motivato del direttore dell’istituto penitenziario, dall’estratto della cartella personale. Essa contiene anche l’esito dell’osservazione scientifica della personalità svolta ai sensi dell’art. 27 stesso decreto, che rappresenta un ambito di verifica con cui debbono confrontarsi, prima, il parere del Direttore dell’istituto e, poi, la decisione del magistrato di sorveglianza, che in ogni caso può assumere informazioni per integrare quelle ricevute.
L’eventuale carenza della documentazione che l’Istituto è obbligato a trasmettere a seguito della richiesta di permesso premio e, ancor prima, l’omissione da parte dell’Amministrazione delle doverose verifiche che detta documentazione deve rappresentare, non preclude l’accesso al beneficio.
In caso di reclamo, il potere di statuire sulla domanda si trasferisce in capo al Tribunale di sorveglianza che, in virtù della natura devolutiva del mezzo di impugnazione secondo i principi generali fissati dall’art. 597, comma 1, cod. proc. pen., non può limitarsi solo a rilevare la non correttezza della decisione contestata ma, sia pure nell’ambito della valutazione delle censure dedotte con i motivi, deve decidere se confermare la pronuncia censurata non solo considerando le sopravvenienze rispetto a essa ma anche rilevando le carenze istruttorie, tanto più nel caso in cui le stesse siano state rappresentate tramite specifici rilievi in sede di reclamo (Sez. 1, n. 5954 del 20/12/2022).
Al riguardo è stato precisato che il Tribunale di sorveglianza deve apprezzare nel merito la fondatezza della domanda anche alla luce del contributo argomentativo e documentale offerto dall’interessato, nonché delle informazioni pervenute o acquisite, esercitando i poteri d’ufficio di cui all’art. 666, comma 5, cod. proc. pen. richiamato dall’art. 678 cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 10316 del 30/1/2020, Rv. 278691). Poteri di ufficio che vanno attivati, doverosamente, nell’ambito del devoluto, quando siano rilevabili, in origine ovvero in seguito, decisivi deficit istruttori.
La giurisprudenza, in tema di permessi premio, ex art. 30-ter ord. pen., oltre al requisito della regolare condotta, reputa necessaria l’assenza di pericolosità sociale del detenuto, sicché rileva, in senso negativo, la mancata rivisitazione critica del pregresso comportamento deviante (Sez. 1, Sentenza n. 435 del 29/11/2023, dep. 2024 – Rv. 285567 – 01), percorso di revisione che va valutato con giudizio di merito da esporre con compiuta motivazione.
Peraltro, si osserva che la giurisprudenza di legittimità richiede che il requisito della pericolosità sia valutato in modo più rigoroso per soggetti condannati per reati di particolare gravità. Infatti, il giudizio sull’assenza di pericolosità sociale del detenuto, per i condannati per reati gravi e con lontano fine pena, deve essere particolarmente pregnante e, in senso negativo all’assenza di pericolosità, depone anche la mancanza di elementi indicativi di una rivisitazione critica del pregresso comportamento deviante (Sez. 1, n. 5505 del 11110/2016, dep. 2017; conforme Sez. 1, n. 9796 del 23/11/2007, dep. 2008).
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 1 n. 25474 del 2024