Prossimi congiunti. Risarcimento del danno morale per la morte del fidanzato

Prossimi congiunti Accesso abusivo Diffamazione a mezzo Efficacia probatoria delle dichiarazioni rese dalla parte offesa Decoro architettonico Perdono giudiziale reato di estorsione Registrazioni di conversazioni tra presenti Messaggi amorosi all'amante body shaming Prescrizione Diritto di obiezione di coscienza Abitualità nel reato Fabbricazione e commercio di beni Accompagnamento Infibulazione Astensione dalla commissione di nuovi reati aggravanti specifiche favoreggiamento della prostituzione Favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione Fotografia Originalità Mancata trasmissione degli atti al Prefetto befana Dare dello "stupido" Responsabilità del conducente Presupposti per l'ammissione Truffa romantica Quantificazione dell’assegno di divorzio Intollerabilità della convivenza Abuso del diritto Licenziamento Citazione diretta Il rigetto della richiesta di ammissione al beneficio della messa alla prova Il diritto dell’adottato all’accesso alle proprie origini Prosecuzione del 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programma di trattamento Format di un programma televisivo Plagio Giurisdizione Relazione investigativa Responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d'arte Detenzione del bene Discriminazione direttaIl termine “prossimi congiunti” è soggetto ad una interpretazione estensiva, non potendosi limitare ai parenti fino al sesto grado e agli affini ma deve includere anche le persone unite da uno stabile e duraturo legame affettivo ovvero le persone legate da unione civile e i conviventi di fatto. In materia di risarcimento del danno la giurisprudenza ha fatto rientrare nella nozione di “prossimi congiunti” anche la semplice fidanzata della vittima dell’illecito altrui, andando oltre la parificazione riconosciuta dalla giurisprudenza tra coppie sposate e coppie di fatto, nell’ambito del diritto al risarcimento da parte del convivente. In tal senso si è rilevato che il riconoscimento di una provvisionale in favore della fidanzata della vittima si giustificava con la brusca ed improvvisa interruzione della relazione affettiva, che aveva provocato un danno morale risarcibile. (Cass. Pen., n. 46351/2014).

Occorre brevemente richiamare i principi che, secondo diritto vivente, informano la materia della risarcibilità del danno morale, in favore dei congiunti del soggetto leso.
Al riguardo, risulta acquisito il principio in base al quale ai prossimi congiunti della persona che ha subito lesioni, a causa del fatto illecito altrui, spetta anche il risarcimento del danno morale concretamente accertato, in relazione ad una particolare situazione affettiva intercorrente con la vittima. In tal caso, il congiunto è legittimato ad agire “iure proprio” contro il responsabile (Cass. Civ. S.U. n. 9556/02).
La giurisprudenza di legittimità, invero, ha chiarito che il danno non patrimoniale deve essere inteso nella sua accezione più ampia di danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica. In particolare, le Sezioni Unite (Cass. Civ. Sez. U n. 26972/2008) hanno ritenuto risarcibile il danno non patrimoniale inteso nella sua più ampia accezione, ivi compreso, appunto, il danno morale, che può essere permanente o temporaneo (circostanze delle quali occorre tenere conto in sede di liquidazione, ma irrilevanti ai fini della risarcibilità) e può sussistere sia da solo, sia unitamente ad altri tipi di pregiudizi non patrimoniali (ad es., derivanti da lesioni personali o dalla morte di un congiunto). In tale prospettiva, di ritenuta risarcibilità dei pregiudizi di natura non patrimoniale conseguenti alla lesione di un diritto inviolabile della persona, si è chiarito che il riferimento ai “prossimi congiunti” della vittima primaria, quali soggetti danneggiati “iure proprio” a cagione del carattere plurioffensivo dell’illecito, deve essere inteso nel senso che, in presenza di un saldo e duraturo legame affettivo tra questi ultimi e la vittima, è proprio la lesione che colpisce tale peculiare situazione affettiva a connotare l’ingiustizia del danno ed a rendere risarcibili le conseguenze pregiudizievoli che ne siano derivate (se ed in quanto queste siano allegate e dimostrate quale danno-conseguenza), a prescindere dall’esistenza di rapporti di parentela o affinità giuridicamente rilevanti come tali.
La giurisprudenza ha da ultimo precisato che, affinché si configuri la lesione di un interesse a rilevanza costituzionale, la convivenza non deve intendersi necessariamente come coabitazione, quanto piuttosto come “stabile legame tra due persone”, connotato da duratura e significativa comunanza di vita e di affetti. E si è osservato che, in tale prospettiva, i riferimenti costituzionali non sono da cogliere negli articoli 29 e 30 Cost., così che detto legame debba essere necessariamente strutturato come un rapporto di coniugio, ed a questo debba somigliare, quanto piuttosto nell’articolo 2 Cost., che attribuisce rilevanza costituzionale alla sfera relazionale della persona, in quanto tale (cfr. Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 7128 del 21/03/2013, in motivazione).

Sul piano probatorio si è poi considerato: che colui che rivendica il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale in conseguenza della morte della persona a cui è legato da relazione affettiva, deve allegare e dimostrare l’esistenza e la natura di tale rapporto, la sua stabilità, intesa come non occasionalità e continuità nel tempo, tale da assumere rilevanza al momento di verificazione del fatto illecito; che spetta al danneggiato, che chiede il risarcimento del danno non patrimoniale attinente alla propria sfera relazionale, dare la prova dell’esistenza e della natura di tale rapporto, potendo tuttavia questa essere fornita con ogni mezzo, ed anche mediante elementi presuntivi; e che spetta al giudice di merito accertare, alla stregua delle circostanze del caso concreto, e degli elementi, anche presuntivi, addotti dalla parte, l’apprezzabilità della relazione affettiva, a fini risarcitori (Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 7128 del 21/03/2013, cit.).

Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 10 novembre 2014, n. 46351

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