Reato di diffamazione a mezzo stampa
Nel reato di diffamazione a mezzo stampa viene in evidenza la necessaria sussistenza dell’elemento oggettivo con riguardo l’individuazione della persona destinataria dell’offesa, e sia l’elemento soggettivo con riguardo all’accertamento del dolo, ex art. 595 C.p.
Chiunque, …, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a milletrentadue euro.
Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro.
L’individuazione del soggetto passivo del reato di diffamazione a mezzo stampa, in mancanza di indicazione specifica, ovvero di riferimenti inequivoci a fatti e circostanze di notoria conoscenza, attribuibili ad un determinato soggetto, deve essere deducibile, in termini di affidabile certezza, dalla stessa prospettazione oggettiva dell’offesa, quale si desume anche dal contesto in cui è inserita (si veda, in particolare, Cass., Sez. V, 31 maggio 1990 n. 7839: i riferimenti giurisprudenziali del ricorso appaiono corollari o puntualizzazioni).
Nel caso di specie la sussistenza dell’elemento oggettivo a stregua della genericità della locuzione con riferimento agli amministratori comunali, si deduce con ragionevole certezza, per l’inequivoca individuazione dell’offeso, sia in via processuale, sia come fatto processuale, cioè come piena e immediata consapevolezza che chiunque abbia avuto, leggendo l’articolo, dell’indennità del destinatario (Cass., Sez. V, 19 gennaio 1999 n. 710, Guidotti, in Guida al diritto) e in relazione al contesto storico, cui si fa riferimento.
Con riferimento all’elemento soggettivo e alla sussistenza del dolo, occorre osservare che, in materia di diffamazione è generico (si veda, da ultimo, Cass., Sez. V, 23 settembre 1997, CED 209262), onde a fronte della condotta, non è richiesta alcuna particolare indagine, mentre sono irrilevanti gli stati emotivi, pure determinati come nel caso del timore di pregiudizi.
Corte di Cassazione n. 2135 del 07/12/1999