La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento affronta al questione inerente la deducibilità, in appello, del rigetto della richiesta di sospensione con messa alla prova, avanzata nel giudizio abbreviato di primo grado.
Sul punto, si registra un contrasto nella giurisprudenza di legittimità tra le decisioni che hanno ritenuto come la celebrazione del giudizio di primo grado nelle forme del rito abbreviato non precluda all’imputato la possibilità di dedurre, in sede di appello, il carattere ingiustificato del rigetto, da parte del giudice di primo grado, della richiesta di sospensione con messa alla prova (Cass., Sez. 6, n. 30774 del 13/10/2020; n. 29622 del 2018; n. 44888 del 2018; n. 30983 del 2019; n. 47109 del 2019), e l’opposta opzione ermeneutica (Cass., Sez. 4, n. 42469 del 03/07/2018; n. 22545 del 2017), fondata sul rilievo per cui la connotazione di rito alternativo assegnata all’istituto di cui all’art. 168-bis C.p., e la sostanziale analogia tra i termini finali della richiesta di sospensione con messa alla prova e quelli entro i quali può essere avanzata la richiesta ex art. 438 C.p.P., escludono, in assenza di una espressa previsione di convertibilità dell’un rito nell’altro, la possibilità di coltivare o ripercorrere altre strade di definizione alternativa del giudizio.
L’interpretazione, divenuta maggioritaria nella giurisprudenza di legittimità, è quella favorevole alla deducibilità della questione, in forza della quale la celebrazione del giudizio di primo grado nelle forme del rito abbreviato non preclude all’imputato la possibilità di dedurre, in sede di appello, il carattere ingiustificato del rigetto, da parte del giudice di primo grado, della richiesta di sospensione con messa alla prova (Cass., Sez. 5, n. 19368 dell’8/06/2020; Sez. 6, n. 47109 del 31/10/2019; Sez. 3, n. 30983 del 20/02/2019; Se. 4, n. 29622 del 15/02/2018).
Alla piena condivisibilità delle argomentazioni in diritto poste a fondamento delle citate decisioni richiamate, va ulteriormente aggiunto come siffatta soluzione abbia registrato l’autorevole avallo della Corte Costituzionale che, nella sentenza “interpretativa di rigetto” del 3 Aprile – 29 Maggio 2019, n. 131, nel tracciare l’interpretazione costituzionalmente orientata degli artt. 464-bis, comma 2 e 521, comma 1, C.p.P. si è esplicitamente confrontata con il duplice orientamento ermeneutico offerto sul tema dalla Corte di legittimità. In particolare, la Corte Costituzionale ha evidenziato come al principio secondo cui “electa una via, non datur recursus ad alteram“, richiamato in talune sentenze, questa stessa Corte abbia “plausibilmente replicato che la domanda di giudizio abbreviato conseguente al rigetto della richiesta, formulata in via principale, di ammissione alla sospensione del processo con messa alla prova previa riqualificazione del fatto contestato deve necessariamente intendersi come presentata con riserva; e più in particolare con riserva di gravame, in sede di appello, contro il provvedimento di diniego del beneficio già richiesto in via principale, che non può pertanto intendersi come implicitamente rinunciato all’atto della richiesta del rito abbreviato“.
Corte di Cassazione Sent. Sez. 5 n. 2510 Anno 2021