Risarcimento integrale del danno come fattore ostativo all’ammissione al beneficio della messa alla prova
Nel caso di specie i giudici di merito hanno rigettato l’istanza della messa alla prova essendosi valorizzato un profilo, quello dell’integrale risarcimento del danno, come fattore ostativo all’ammissione al beneficio richiamando una sentenza di questa sezione, la n. 26046/2022. Si sostiene l’illegittimità del diniego all’accesso alla messa alla prova, in quanto il profilo dell’integrale risarcimento del danno non costituiva presupposto essenziale per la concessione del beneficio, avendolo valutato a priori e senza consentire all’imputato di manifestare in maniera adeguata la propria volontà riparatoria/risarcitoria nella sede a ciò deputata, omettendo peraltro di prendere in considerazione e valutare in concreto le condizioni economiche dello stesso, anche la doverosa attivazione dei penetranti poteri informativi del giudice ex art. 464-bis, cod. proc. pen., come già sottolineato in un precedente di questa stessa sezione richiamato in ricorso, la sentenza n. 3179/2019.
I giudici del merito hanno, in sostanza, subordinato la possibilità di essere ammessi al citato beneficio all’avvenuto risarcimento del danno cagionato per effetto del reato contestato. Tale impostazione, di tipo meccanicisticamente retributivo, è priva di fondamento normativo e razionale, come già affermato in un precedente della corte di legittimità, (Sez. 3, n. 26046 del 05/04/2002).
Sul punto, si ribadisce che, fra le condizioni necessarie ai fini della ammissione alla messa alla prova, il risarcimento del danno cagionato dal reato è indicato solamente con la espressione “ove possibile“, evidenziandosi, con tale espressione non la inammissibilità della istanza laddove, per fattori diversi, ivi compresa la incapienza dell’istante rispetto alla entità del danno cagionato, il risarcimento non sia concretamente praticabile, ma, al contrario, pur essendo auspicabile tale risarcimento, la sua non assunzione a livello di condizione ostativa ove non realizzabile.
In tale senso, infatti, si è espressa anche la giurisprudenza della Corte, con espressioni cui pare parimenti del tutto opportuno dare piena continuità, laddove ha chiarito che la valutazione dell’adeguatezza del programma presentato dall’imputato va operata sulla base degli elementi evocati dall’art. 133 cod. pen., in relazione non soltanto all’idoneità a favorire il reinserimento sociale del prevenuto, ma anche all’effettiva corrispondenza alle condizioni di vita dello stesso, avuto riguardo alla previsione di un risarcimento del danno corrispondente, ove possibile, al pregiudizio arrecato alla vittima o che, comunque, sia espressione – in un’ottica che non sia esclusivamente retributiva ma tenda a favorire la riabilitazione, bonis operibus, del prevenuto – della sua disponibilità ad assicurare la prestazione, ai fini ripristinatori, dello sforzo massimo da lui sostenibile alla luce delle sue condizioni economiche, che possono essere verificate dal giudice ex art. 464-bis, comma 5, cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 34878 del 13/06/2019).
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 3 n. 23934 del 2024