Gli Screenshot delle conversazioni sono utilizzabili nell’ambito processuale penale quali elementi di prova?
Secondo la giurisprudenza di legittimità sono da ritenersi pienamente utilizzabili, in quanto legittima ne è l’acquisizione come documento, i messaggi sms fotografati dallo schermo di un telefono cellulare sul quale gli stessi sono leggibili in quanto “non è imposto alcun adempimento specifico per il compimento di tale attività, che consiste nella realizzazione di una fotografia e che si caratterizza soltanto per il suo oggetto, costituito appunto da uno schermo” sul quale sia visibile un testo o un’immagine “non essendovi alcuna differenza tra una tale fotografia e quella di qualsiasi altro oggetto” (Cass., Sez. 3, n. 8332 del 06/11/2019). Come pure la Corte di cassazione, richiamando il precedente principio, ha ritenuto pienamente utilizzabile una pagina di un social network a mezzo fotografia istantanea dello schermo (screenshot) di un dispositivo elettronico sul quale la stessa è visibile (Cass., Sez. 5, n. 12062 del 05/02/2021).
Nè tanto meno l’inutilizzabilità può derivare dalla circostanza che il contenuto della conversazione, verbale o scritta che sia, sia resa disponibile quale mezzo di prova, in forma documentale a mezzo di screenshot, da uno dei conversanti senza autorizzazione o all’insaputa degli altri conversanti.
In tal senso deve rilevarsi come non sia riconducibile alla nozione di intercettazione la registrazione fonografica di un colloquio svoltosi tra presenti o mediante strumenti di trasmissione, operata, sebbene clandestinamente, da un soggetto che ne sia partecipe o, comunque, sia ammesso ad assistervi, costituendo, invece, una forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l’autore può disporre legittimamente, anche a fini di prova (Cass., Sez. 1, n. 6339 del 22/01/2013).
Ciò in quanto, come affermano le Sezioni Unite, le intercettazioni regolate dagli artt. 266 e segg. C.p.P. consistono nella captazione occulta e contestuale di una comunicazione o conversazione tra due o più soggetti che agiscano con l’intenzione di escludere altri e con modalità oggettivamente idonee allo scopo, attuata da soggetto estraneo alla stessa mediante strumenti tecnici di percezione tali da vanificare le cautele ordinariamente poste a protezione del suo carattere riservato. Ne consegue che la registrazione fonografica di un colloquio, svoltosi tra presenti o mediante strumenti di trasmissione, ad opera di un soggetto che ne sia partecipe, o comunque sia ammesso ad assistervi, non è riconducibile, quantunque eseguita clandestinamente, alla nozione di intercettazione, ma costituisce forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l’autore può disporre legittimamente, anche a fini di prova nel processo secondo la disposizione dell’art. 234 c.p.p., salvi gli eventuali divieti di divulgazione del contenuto della comunicazione che si fondino sul suo specifico oggetto o sulla qualità rivestita dalla persona che vi partecipa (Cass., Sez. U., n. 36747 del 28/05/2003).
Il principio di diritto ora richiamato, che esclude che si verta in tema di intercettazioni allorchè le conversazioni, o meglio le comunicazioni verbali, come quelle relative alle chat, siano nella disponibilità dei soggetti legittimati a parteciparvi e dunque pienamente utilizzabili.
Pertanto non costituisce intercettazione, ai sensi degli artt. 266 e segg. c.p.p., la documentazione delle comunicazioni svoltesi su una chat estratte, quantunque senza l’autorizzazione degli altri utenti, a mezzo screenshot da parte di uno dei soggetti che sia ammesso ad assistervi, dunque legittimato a parteciparvi attivamente o anche ad assistere passivamente, costituendo forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l’autore o l’autorità giudiziaria può disporre legittimamente, a fini di prova nel processo secondo la disposizione dell’art. 234 C.p.P.
Corte di Cassazione Sez. V, 24 giugno 2022 n. 24600