La Suprema Corte di Cassazione con il provvedimento che si riporta in commento affronta la questione inerente la nullità della sentenza redatta a mano ex art. 132, comma 2 n. 4 C.p.C.
Nel caso di specie si sosteneva la nullità della sentenza redatta a mano non decifrabile per buona parte di essa, “per violazione ex art. 132, comma 2 n. 4 c.p.c.; art. 118 disp. att. c.p.c.; art. 111 Cost.“, osservando che, per consolidata giurisprudenza della Corte di legittimità, viene considerata mancante di motivazione (e quindi nulla) una sentenza redatta a mano. E ciò non solo quando la stessa sentenza sia assolutamente indecifrabile, ma anche quando la leggibilità sia solo scarsa (Cass. n. 4683 del 2016).
La più severa, ma minoritaria, posizione richiamata nel ricorso (Cass., sez. 3, n. 4683 del 2016; e, in minor misura, Cass., sez. lav., n. 11739 del 2010) non è condivisa dal Collegio, il quale intende dare continuità ad altra, e prevalente, giurisprudenza, riaffermata anche assai di recente (Cass. n. 6307 del 2020).
Si è così chiarito che «la motivazione della sentenza è assente non solo quando sia stata assolutamente omessa o quando il testo di essa, scritto a mano, sia assolutamente indecifrabile, ma anche quando la sua scarsa leggibilità renda necessario un processo interpretativo del testo con esito incerto, tanto da prestarsi ad equivoci o anche a manipolazioni delle parti che possono, in tal modo, attribuire alla sentenza contenuti diversi, dovendo, invece, il “documento motivazione” essere univocamente apprezzabile da tutti i suoi fruitori per garantire che la sua analisi non esuli dal suo campo destinato, che è quello della validità delle argomentazioni giuridiche, in esso contenute, e non quello dell’interpretazione del dato testuale (Cass. n. 4683 del 2016, cit.). Peraltro, in mancanza di un’espressa comminatoria, non è configurabile nullità della sentenza nell’ipotesi di mera difficoltà di comprensione e lettura del testo stilato in forma autografa dall’estensore, atteso che la sentenza non può ritenersi priva di uno dei requisiti di validità indispensabili per il raggiungimento dello scopo della stessa (Cass. n. 4947 del 2016 e n. 6553 del 2018)» (Cass., sez. 3, n. 3988 del 2019; si veda pure, Cass. sez. 2, n. 20829 del 2016).
S’è, dunque, precisato che il vizio non è configurabile se «il “documento motivazione” si presta ad essere univocamente
apprezzato dando piena contezza delle ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della decisione. Del resto la stessa ricorrente dimostra di averne pienamente compreso il significato, svolgendo in modo compiuto le proprie difese e censurando in modo specifico ed articolato i singoli percorsi motivazionali esposti dal giudice del merito» (Sez. 1, n. 16325 del 2017).
Nel caso in esame il testo della sentenza è oggettivamente comprensibile seppure attraverso l’esercizio di una lettura particolarmente attenta, la quale, peraltro, non può non caratterizzare l’apprendimento di uno strumento tecnico quale la sentenza in genere. Tale comprensibilità risulta altresì agevolata dalla scritturazione a stampa dello svolgimento del fatto e che ha reso possibile la pertinente articolazione dei plurimi motivi di ricorso.
Deve, perciò, escludersi versarsi in una ipotesi di «difficile leggibilità, tanto da dar luogo nella sua dimensione testuale ad una laboriosa opera di interpretazione con esito incerto, ovvero potenzialmente difforme da lettore a lettore, in cui ciascuno che si trova ad esaminare il documento può attribuirgli, a causa della scarsa decifrabilità della grafia dell’estensore, un testo diverso rispetto a quanto percepito dagli altri lettori» che fa venire meno la «sua funzione essenziale di documento recante l’estensione della motivazione e quindi della decisione del giudice»; così da comportare una «vera e propria mancanza grafica del documento-motivazione, che diviene pertanto assolutamente inidoneo ad assolvere la sua funzione essenziale, consistente nell’esteriorizzazione del contenuto della decisione ovvero una mancanza grafica della motivazione che impedisce radicalmente al giudice, alle parti e ai terzi di leggerlo, di apprezzarlo e comprenderlo nella sua estensione letterale per poi valutarlo nei suoi contenuti» (Cass., sez. 2, n. 20829 del 2016).
Corte di Cassazione, Sez. II civ., ordinanza n. 12685 del 21.04.2022