Il reato di “Stalking per interposta persona” o “stalking indiretto” si realizza qualora le condotte in rilievo sono “indirette“, ovvero tenute con persone terze, diverse dalla vittima o persona offesa, ma legate alla stessa da un rapporto qualificato di vicinanza, parentela o amicizia. Ne consegue che le condotte minacciose poste in essere dal reo si ripercuotono (indirettamente) sulla vittima con l’alterazione delle abitudini di vita o con il grave stato di ansia o paura indotto nella stessa.
Nel caso di specie l’imputato dopo essere stato condannato alla pena di anni quattro di reclusione per il reato di atti persecutori (ex art. 612-bis c.p.) commessi ai danni della persona offesa, allora quindicenne, la quale era stata indotta a tentare il suicidio, dopo avere scontato la pena a lui applicata aveva ripreso la reiterazione delle molestie attraverso messaggi e telefonate, ovvero il palesare il proprio “ritorno” comparendo sulla pagina Facebook della persona offesa con un like e, soprattutto, attraverso il contatto indiretto tramite l’amica intima della persona offesa, ingenerando in quest’ultima un grave e perdurante stato di ansia e di paura, nonché il fondato timore per la propria incolumità.
La giurisprudenza di legittimità è consolidata nell’assegnare rilevanza, ai fini della integrazione della condotta tipica prevista dall’art. 612-bis C.p., anche alle molestie c.d. “indirette“.
Si è affermato che possono rilevare anche comunicazioni di carattere molesto o minatorio dirette a destinatari diversi dall’a persona offesa ma a quest’ultima legati da un rapporto qualificato di vicinanza, ove l’agente agisca nella ragionevole convinzione che la vittima ne venga informata e nella consapevolezza della idoneità del proprio comportamento abituale a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice (arg. da Cass., Sez. 5, n. 8919 del 16/02/2021).
Si è ribadito che l’evento, consistente nell’alterazione delle abitudini di vita o nel grave stato di ansia o paura indotto nella persona offesa, deve essere il risultato della condotta illecita valutata nel suo complesso, nell’ambito della quale possono assumere rilievo anche comportamenti solo indirettamente rivolti contro la persona offesa (Cass., Sez. 6 n. 8050 del 12/01/2021 che ha ritenuto legittima la valutazione non solo delle minacce o molestie rivolte alla persona offesa dall’imputato, ma anche le minacce e le denunce calunniose proposte nei confronti del marito e del padre della persona offesa, in quanto si inserivano nell’unitaria condotta persecutoria; sul tema delle molestie indirette si veda anche Cass., Sez. 5, n. 323 del 14/10/2021).
Corte di Cassazione penale, sez. V, sentenza 08.07.2022, n. 26456