La scriminante dello stato di necessità è prevista e disciplinata dall’art. 54 Codice Penale:
Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.
Questa disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo.
La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche se lo stato di necessità è determinato dall’altrui minaccia; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona minacciata risponde chi l’ha costretta a commetterlo.
Affinché siano integrati tutti gli estremi dello stato di necessità, l’ordinamento richiede che il soggetto minacciato versi in una situazione di pericolo – attuale e non altrimenti evitabile – che derivi dalla minaccia altrui e che il fatto reato sia commesso per effetto dell’intervenuta coazione.
Fuori dall’ipotesi di cui al primo comma dell’art. 54 C.p. (dove pure l’attualità del pericolo deve intendersi nel senso di pericolo relativamente assoluto, non potendo predicarsi sempre una contemporaneità fra il pericolo e l’azione necessitata, perché, esclusi i rari casi in cui la verificazione del danno si presenta davvero come imminente, la realizzazione della minaccia appare di regola possibile soltanto in un futuro ancorché prossimo), nella fattispecie della coazione morale, di cui all’ultimo comma dell’art. 54 C.p., il pericolo attuale non può essere inteso in senso assoluto, cioè come pericolo imminente, dovendo ammettersi l’operatività, a condizioni esatte, della scriminate anche nel caso di “pericolo perdurante“, ossia nell’ipotesi, ammessa da una parte della dottrina, in cui il danno possa verificarsi nei confronti del soggetto minacciato in un futuro prossimo, anche se non necessariamente imminente, ovvero farsi attendere per un più lungo lasso di tempo (c.d. “pericolo perdurante“).
Ai sensi del terzo comma dell’art. 54 C.p., lo stato di necessità si applica anche quando il pericolo deriva dall’altrui minaccia, e quest’ultima deve risolversi in una coazione relativa, tale da frenare la libertà di autodeterminazione del soggetto coartato, e non deve produrre un totale annullamento delle facoltà volitive dell’ingiunto (coazione assoluta).
Diversamente, sarebbe piuttosto applicabile l’art. 46 C.p., in cui il soggetto non agit, sed agitur.
Quindi, al soggetto minacciato residua pur sempre, in astratto, una limitata facoltà di scelta tra la possibilità di subire il male minacciato o commettere un reato perché costrettovi dall’altrui minaccia (coactus, tamen voluit).
E’ vero che la scriminante dello stato di necessità non è applicabile tutte le volte in cui il soggetto che la invochi avrebbe potuto sottrarsi alla minaccia ricorrendo alla protezione dell’autorità ma l’alternativa deve prospettarsi al soggetto minacciato come una soluzione realmente praticabile nella situazione concreta e altrettanto efficace, nella situazione data, a neutralizzare il pericolo attuale (imminente o perdurante) in cui egli o il terzo destinatario della minaccia si trovano.
Ciò comporta un accertamento di fatto che, dovendo tenere conto di tutte le circostanze del caso concreto, rientra nell’esclusiva competenza del giudice di merito, il cui approdo, se compiutamente motivato e privo di vizi di manifesta illogicità, non è sindacabile in sede di giudizio di legittimità.
Corte di Cassazione Sez. 3 n. 15654 Anno 2022