Il vizio di travisamento della prova rientra tra i motivi di ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione, di cui all’art. 606 C.p.P., comma 1, lett. e), introdotta dalla Legge n. 46 del 2006, ovvero per “mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame“.
Il vizio di travisamento della prova in sede di legittimità quale vizio della motivazione sotto i profili della contraddittorietà o illogicità manifesta, non può indurre ad un nuovo esame della motivazione della sentenza impugnata. Sotto quest’ultimo versante è stato recentemente ribadito (Cass. S.U. n. 18620 del 19.01.2007) che il travisamento della prova sussiste quando emerge che la sua lettura sia affetta da errore “revocatorio”, per omissione, invenzione, falsificazione. In questo caso, difatti, la difformità cade sul significante (documento) e non sul significato (sul documentato). Tale vizio quindi deve intendersi non come un mezzo per valutare nel merito la prova, bensì lo strumento per saggiare la tenuta della motivazione alla luce della sua coerenza logica con i fatti sulla base dei quali si fonda il suo ragionamento. (Corte di Cassazione n. 22253/2020).
Nell’ipotesi di una “doppia conforme” e cioè doppia pronuncia di eguale segno il vizio di travisamento della prova può essere rilevato in sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado. Invero, sebbene in tema di giudizio di Cassazione, in forza della novella dell’art. 606 C.p.P., comma 1, lett. e), introdotta dalla L. n. 46 del 2006, è ora sindacabile il vizio di travisamento della prova, che si ha quando nella motivazione si fa uso di un’informazione rilevante che non esiste nel processo, o quando si omette la valutazione di una prova decisiva, esso può essere fatto valere nell’ipotesi in cui l’impugnata decisione abbia riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso di c.d. doppia conforme, superarsi il limite del “devolutum” con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d’appello, per rispondere alla critiche dei motivi di gravame, abbia richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice (Cass., Sez. 4, n. 5615/2013; Cass., n. 4060/2013; Cass., Sez, 4 n. 19710/2009). (Cass., Sez. 2^ n. 25165 del 2019).
Il c.d. travisamento della prova si realizza nel caso in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia (quest’ultimo è indicato anche quale fenomeno della prova omessa, rilevante e decisiva, cioè del vizio di omessa pronuncia rispetto a un significativo dato processuale o probatorio).
Come chiarito dalla giurisprudenza (cfr. Cass. Sez. 3, n. 3141del10/12/2013), anche a seguito della modifica dell’art. 606 comma 1, lett. e), C.p.P., introdotta dalla Legge n. 46 del 2006, il sindacato della Corte di cassazione rimane circoscritto al controllo di sola legittimità; la possibilità, attribuitale dalla norma, di desumere la mancanza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione anche da altri atti del processo non le conferisce il potere di riesaminare criticamente le risultanze istruttorie, bensì quello di valutare la correttezza dell’iter argomentativo seguito dal giudice di merito e di procedere all’annullamento quando la prova omessa o travisata incida, scardinandola, sulla motivazione censurata. (Cass., Sez. III n. 7709/2018).
Anche di fronte alla previsione di un ampliamento dell’area entro la quale il controllo sulla motivazione deve operare, non è mutata la natura del sindacato di legittimità che è limitato alla struttura del discorso giustificativo del provvedimento impugnato e non può comportare una diversa lettura del materiale probatorio, anche se plausibile; per la rilevazione dei vizi della motivazione, occorre che gli elementi probatori indicati in ricorso siano decisivi e dotati di una forza esplicativa tale da vanificare l’intero ragionamento del giudice del merito. (Cass., Sez. III n. 7709/2018).
Il vizio del travisamento della prova dichiarativa si ha quando abbia un oggetto definito e non opinabile, tale da evidenziare in modo palese e non controvertibile la tangibile difformità tra il senso intrinseco della singola dichiarazione assunta e quello che il giudice ne abbia inopinatamente tratto: non sussiste invece detto vizio laddove si faccia questione di un presunto errore nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima (cfr. Cass. Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014). (Cass., Sez. III n. 7709/2018).