Adozione mite
Nel caso di specie si richiedeva che fosse disposta l’ “adozione mite o aperta con espressa previsione per i genitori di poter far parte del progetto, incontrando i minori“.
In particolare, la Corte di legittimità ha chiarito che questa forma di adozione trova il suo fondamento nella norma della L. n. 184 del 1983, art. 44, lett. d), (“adozione in casi particolari” – “i minori possono essere adottai anche quando non ricorrono le condizioni di cui dell’art. 7, comma 1:… quando vi sia la constata impossibilità di affidamento preadottivo“), che è da intendere come “clausola di chiusura del sistema“.
Nel contempo, pure è stato precisato che tale forma di adozione si struttura in modo nettamente differente – quanto a presupposti e quanto a effetti – dall’adozione c.d. piena o legittimante. In particolare, se quest’ultima è “costitutiva di un rapporto sostitutivo di quello di sangue, con definitivo ed esclusivo inserimento in una nuova famiglia” del minore, quella ex art. 44, lett. d), crea, invece, “un vincolo di filiazione giuridica che si sovrappone a quello di sangue, non estinguendo il rapporto” del minore “con la famiglia di origine, pur se l’esercizio della responsabilità genitoriale spetta all’adottante” (le frasi trascritte tra virgolette sono tratte dalla pronuncia di Cass. Sezioni Unite, 13 maggio 2020, n. 8847).
Nel contesto della prospettiva in discorso (di specifico riconoscimento della figura dell’adozione mite) è da richiamare, prima di tutto, la pronuncia di Cass., 22 giugno 2016, n. 12962.
Questa pronuncia ha chiarito che – a differenza della legittimante “l’adozione in casi particolari può essere dichiarata anche a prescindere dalla sussistenza di una situazione di abbandono del minore adottando“: tale situazione, cioè, “non costituisce limite normativo all’applicazione… dell’ipotesi descritta nella lett. d)” della norma dell’art. 44. E ha pure messo in chiara evidenza – riprendendo gli spunti forniti dalla sentenza n. 383/1999 della Corte Costituzionale – che il principio ispiratore della normativa dell’adozione in casi speciali è, secondo quanto del resto vale per l’intera disciplina dell’adozione, l'”effettiva realizzazione degli interessi del minore“.
Nell’espresso richiamo di tale precedente, la pronuncia di Cass., 13 febbraio 2020, n. 3643 ha poi puntualizzato che nel nostro ordinamento, con modelli di adozione, fondati sulla radicale recisione del rapporto con genitori biologici, ne convivono altri, “che escludono la ricorrenza di tale requisito“.
La “natura di ipotesi residuale e aperta” dell’art. 44, lett. d), consente dunque al sistema vigente di possedere la “pluralità di forme di genitorialità adottive volte dal legislatore“.
Nei fatti – si è in via ulteriore precisato -, l'”adozione legittimante è l’extrema ratio“, a cui si perviene allorchè “non si ravvisa alcun interesse per il minore di conservare una relazione con i genitori biologici“, per lo stato di abbandono in cui questi si trova o per il grave danno che il perdurare del relativo legame potrebbe recare allo sviluppo equilibrato della sua personalità individuale. Se il preminente interesse del minore lo richiede, dunque, occorre pur sempre “verificare la possibilità” e concreta percorribilità di un “modello di adozione compatibile con la non recisione dei legami con il genitore biologico“.
La più recente decisione di Cass., 25 gennaio 2021, n. 1476 ha sottolineato, a sua volta, come la pluralità di modelli di adozione presenti nel nostro ordinamento imponga – “in armonia con le affermazioni di principio della Corte Europea e con le previsioni di diritto interno che prevedono il diritto prioritario del minore a essere cresciuto e allevato nella sua famiglia di origine” – di valutare, caso per caso e quindi tenendo conto delle peculiarità delle singole fattispecie concrete, il “ricorso al modello di adozione che non recida in toto i rapporti del minore con la famiglia di origine“.
Tale modello sembra in modo particolare adattarsi – si è ancora osservato in una prospettiva (ormai) fortemente applicativa – ai casi di abbandono “semipermanente o anche ciclico“, in cui alla sussistenza di una pur “grave fragilità genitoriale” si associa purtuttavia la permanenza di un “rapporto affettivo significativo“: sì da manifestare opportuno, sempre nel prioritario interesse del minore, che all’accoglienza nella nuova famiglia si accompagni la “permanenza di rapporti di fatto e giuridici con la famiglia di origine“.
Corte di Cassazione, Sez. I, ordinanza 35840 del 22 novembre 2021