Nell’ articolo 15 della Costituzione “trovano protezione due distinti interessi: quello inerente alla libertà e alla segretezza delle comunicazioni, riconosciuto come connaturale ai diritti della personalità definiti inviolabili dall’art. 2 della Costituzione, e quello connesso all’esigenza di prevenire e reprimere i reati, vale a dire ad un bene anch’esso oggetto di protezione costituzionale”.
L’art. 266 C.p.P. e, più in generale, le disposizioni contenute nel capo quarto, del titolo terzo, libro terzo, del Codice di Procedura Penale costituiscono un’attuazione per via legislativa dei predetti principi, che, al pari delle norme similari previste nel codice di rito previgente, stabilisce una disciplina complessiva delle intercettazioni telefoniche in relazione ai poteri d’indagine a fini di repressione penale e alla loro utilizzabilità come mezzi di prova in giudizio.
Più precisamente le anzidette disposizioni stabiliscono i limiti di ammissibilità delle intercettazioni telefoniche (art. 266), i presupposti e le forme dei provvedimenti che ne dispongono l’effettuazione (art. 267), lo svolgimento puntuale delle conseguenti operazioni (art. 268), i modi e i limiti di conservazione della documentazione delle intercettazioni stesse (art. 269) e, infine, l’utilizzabilità di queste ultime in altri procedimenti e i relativi divieti (artt. 270 e 271).
Le speciali garanzie previste dalle norme appena ricordate a tutela della segretezza e della libertà di comunicazione telefonica rispondono all’esigenza costituzionale per la quale l’inderogabile dovere di prevenire e di reprimere reati deve essere svolto nel più assoluto rispetto di particolari cautele dirette a tutelare un bene, l’inviolabilità della segretezza e della libertà delle comunicazioni (articolo 15 della Costituzione), strettamente connesso alla protezione del nucleo essenziale della dignità umana e al pieno sviluppo della personalità nelle formazioni sociali (art. 2 della Costituzione).
In altri termini, il particolare rigore delle garanzie previste dalle disposizioni prima citate intende far fronte alla formidabile capacità intrusiva posseduta dai mezzi tecnici usualmente adoperati per l’intercettazione delle comunicazioni telefoniche, al fine di salvaguardare l’inviolabile dignità dell’uomo da irreversibili e irrimediabili lesioni.
La stessa giurisprudenza costituzionale ha ripetutamente ribadito che, a norma dell’ articolo 15 della Costituzione, le informazioni o i dati comportanti intromissioni nella sfera privata attinente al diritto inviolabile della libertà e della segretezza della comunicazione possono essere acquisiti soltanto sulla base di un atto dell’autorità giudiziaria, sorretto da “un’adeguata e specifica motivazione“, diretta a dimostrare la sussistenza in concreto di esigenze istruttorie vòlte al fine, costituzionalmente protetto, della prevenzione e della repressione dei reati.
CORTE COSTITUZIONALE SENTENZA 26 FEBBRAIO-11 MARZO 1993 N. 81