Capacità lavorativa idonea a rendere indipendente il figlio dai genitori
A quali condizioni e circostanze la capacità lavorativa idonea a rendere indipendente il figlio dai genitori può comportare la revoca dell’assegno di mantenimento?
In primis occorre valutare la circostanza dell’acquisizione di una eventuale capacità lavorativa tale da assicurare al figlio una retribuzione stabile nell’arco di tempo determinato. Occorre prendere in considerazione ulteriori rilevanti circostanze come l’effettività o meno della convivenza dei figli con la madre, la età del figlio, il tenore di vita di cui dispone, in coerenza con la giurisprudenza di legittimità (Cass. civ. n. 6509/2017) secondo cui una volta raggiunta una adeguata capacità lavorativa, e quindi l’indipendenza economica, la successiva perdita della occupazione non comporta la reviviscenza dell’obbligo del genitore al mantenimento.
L’obbligo del mantenimento dei genitori consiste infatti nel dovere di assicurare ai figli, anche oltre il raggiungimento della maggiore età, e in proporzione alle risorse economiche del soggetto obbligato, la possibilità di completare il percorso formativo prescelto e di acquisire la capacità lavorativa necessaria a rendersi autosufficiente. La prova del raggiungimento di un sufficiente grado di capacità lavorativa è ricavabile anche in via presuntiva dalla formazione acquisita e dalla esistenza di un mercato del lavoro in cui essa sia spendibile. La prova contraria non può che gravare sul figlio maggiorenne che pur avendo completato il proprio percorso formativo non riesca ad ottenere, per fattori estranei alla sua responsabilità, una sufficiente remunerazione della propria capacità lavorativa. Tuttavia anche in questa ipotesi vanno valutati una serie di fattori quali la distanza temporale dal completamento della formazione, l’età raggiunta, ovvero gli altri fattori e circostanze che incidano comunque sul tenore di vita del figlio maggiorenne e che di fatto lo rendano non più dipendente dal contributo proveniente dai genitori. Inoltre l’ingresso effettivo nel mondo del lavoro con la percezione di una retribuzione sia pure modesta ma che prelude a una successiva spendita dalla capacità lavorativa a rendimenti crescenti segna la fine dell’obbligo di contribuzione da parte del genitore e la successiva l’eventuale perdita dell’occupazione o il negativo andamento della stessa non comporta la reviviscenza dell’obbligo del genitore al mantenimento (cfr. Cass. civ. Sez., VI, n. 6509 del 14 marzo 2017 secondo cui il diritto del coniuge separato di ottenere un assegno per il mantenimento del figlio maggiorenne convivente è da escludere quando quest’ultimo abbia iniziato ad espletare una attività lavorativa).
Corte di Cassazione, Sez. VI, n. 19696 del 22 luglio 2019