I criteri previsti per la quantificazione dell’assegno divorzile
I criteri previsti per la quantificazione dell’assegno divorzile sono individuati dall’art. 5 comma 6, della L. n. 898 del 1970, Legge sul divorzio, si stabilisce che
Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.
L’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge e la sua impossibilità di procurarseli deve essere accertata, caso per caso, secondo ragioni oggettive: l’età, la professionalità acquisita, la durata del matrimonio e “ogni concreto fattore individuale e ambientale” (art. 156 c.c.).
Nel caso di specie la Corte di merito ha ritenuto l’inadeguatezza dei mezzi della richiedente l’assegno divorzile dopo che, apprezzata la cessione delle quote delle società di famiglia ai figli e considerato il rifiuto dell’offerta lavorativa venuta alla richiedente stessa dall’ex coniuge, ha rimarcato: l’età non più giovane della donna; l’ammontare del reddito che le sarebbe venuto dall’offerta di lavoro procuratale; la lontananza dalla residenza del luogo di svolgimento dell’attività lavorativa offertale; la situazione abitativa di cui pure la donna godeva presso la madre e che avrebbe all’esito dello spostamento perduto. E’ stata così esclusa una inerzia colpevole in capo alla richiedente e l’individuazione nel suo comportamento della causa della sua condizione reddituale.
Tanto vale a fronte di una più ampia disamina dei presupposti dell’assegno richiesto in cui figurano, insieme alla disparità dei redditi degli ex coniugi, l’incapacità della richiedente di far fronte, in via autonoma, al proprio mantenimento, nel pure operato accertamento del contributo dato alla famiglia ed al patrimonio di questa con il lavoro casalingo, il tutto all’esito di un articolato giudizio che, muovendo dai presupposti di legge, valorizza la durata del rapporto matrimoniale, la nascita di due figli e l’attività lavorativa e di coordinamento svolta all’interno delle società familiari quale contributo al loro mantenimento.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.1643 del 19/01/2022