Causa di non punibilità nel giudizio di legittimità

la causa di non punibilitàLa previsione normativa della causa di non punibilità ex art. 131-bis C.p. (art. 1, comma 2, D.lgs. 16 marzo 2015 n. 28) ha posto la questione della sua applicabilità, e con quali eventuali limiti, nel giudizio di legittimità, con particolare riguardo a due distinte possibili situazioni: quella (sostanzialmente transitoria) del caso in cui il giudizio di merito si sia già concluso al momento dell’entrata in vigore della nuova norma sostanziale e quella (ordinaria) del caso in cui la deliberazione d’appello sia successiva alla vigenza di tale norma.

La prima situazione è stata compiutamente risolta dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 13682 del 25.02.2016. La Corte ha ricondotto la suddetta innovazione legislativa nell’ambito della sopravvenuta e più favorevole disciplina di diritto penale sostanziale, che in quanto tale deve trovare applicazione retroattiva, secondo le regole poste dall’art. 2, comma 4, C.p. e le modalità dettate dall’art. 609, comma 2, C.p.P.: quindi, sia a seguito di deduzione e richiesta specifica, pure tardiva (nell’ambito del contraddittorio scritto o orale che le diverse tipologie di rito nel giudizio di legittimità permettono), sia d’ufficio; ciò, anche nel caso di ricorso originariamente inammissibile in relazione ai motivi concretamente enunciati con l’atto di impugnazione.

Le Sezioni Unite hanno poi chiarito che, quando la sentenza impugnata sia anteriore alla novella legislativa, l’applicazione della causa di non punibilità nel giudizio di legittimità (ai sensi quindi dell’art. 609, comma 2) va ritenuta, o esclusa, senza provvedere ad alcun giudizio di rinvio al merito.

Quando ritiene esistenti le condizioni di legge per l’applicazione dell’art. 131-bis C.p., la Corte di legittimità pronuncia annullamento senza rinvio perché l’imputato non è punibile a causa della particolare tenuità del fatto, esercitando i poteri attribuiti in via ordinaria dagli artt. 620, comma 1, lett. a), e 129 C.p.P. La valutazione sulla particolare tenuità del fatto richiede l’analisi e la considerazione della condotta, delle conseguenze del reato e del grado della colpevolezza, quindi di ponderazioni che sono parte ineliminabile del giudizio di merito. Ma, in quanto tali, esse sono necessariamente (esplicitamente o implicitamente) espresse nella motivazione dei provvedimenti di merito. Conseguentemente l’apprezzamento del giudice di legittimità, che riguarda non la valutazione di merito della ricorrenza delle condizioni di legge ma il giudizio di applicazione della legge (quindi l’accertamento se la fattispecie concreta è collocata entro il modello legale espresso dal nuovo istituto) è reso possibile attraverso quanto dalla motivazione il giudice del merito risulta avere accertato e valutato in fatto.

Pertanto, nei casi in cui la sentenza impugnata sia anteriore alla novella, l’applicazione della causa di non punibilità nel giudizio di legittimità è possibile, anche d’ufficio e pure nel caso di ricorso originariamente inammissibile, quando dalla motivazione della sentenza di merito risultino già apprezzati, espressamente o “in guisa implicita“, come esistenti tutti i presupposti di fatto che la norma sostanziale prevede.

In definitiva, e in termini diversi, la Corte di Cassazione non valuta con proprio apprezzamento se quei presupposti sussistono, ma prende atto della loro presenza o della loro esclusione alla luce della motivazione del giudice del merito.

Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 6 Num. 54728 Anno 2016

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