Causa Talpis contro Italia – Corte E.D.U.

Causa Talpis Fanny Targioni TozzettiLa Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Causa Talpis c/ Italia – sentenza 2 marzo 2017) ha condannato lo Stato italiano per violazione degli art. 2 e 3 della Convenzione per il ritardo con il quale le autorità competenti, alle quali era stato denunciato un caso di violenza domestica, hanno adottato le misure necessarie a tutelare la vittima. In particolare si contesta il mancato adempimento da parte delle autorità italiane del dovere di protezione contro le violenze domestiche che la vittima avrebbe subito e che hanno portato al suo tentato omicidio e alla morte del figlio.

Ai sensi dell’articolo 2 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo

Il diritto di ogni persona alla vita è tutelato dalla legge. La morte non può essere inflitta intenzionalmente a nessuno, se non in esecuzione di una condanna a morte pronunciata da un tribunale nel caso in cui il reato sia punibile dalla legge“.

In determinate circostanze ben definite, l’articolo 2 può imporre alle autorità l’obbligo positivo di adottare preventivamente misure pratiche per proteggere l’individuo la cui vita è minacciata da atti criminali altrui.

Ai sensi dell’articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo

Nessuno può essere sottoposto a tortura o a trattamenti o punizioni inumani o degradanti“.

Al riguardo, si ribadisce che i bambini e le altre persone vulnerabili – comprese le vittime di violenza domestica – in particolare hanno diritto alla protezione da parte dello Stato , nella forma di un’efficace prevenzione, mettendo al riparo loro tali gravi forme di attacco all’integrità della persona e gli obblighi positivi incombenti alle autorità …  possono comprendere un obbligo di porre in essere e applicare un quadro giuridico adeguato che offra protezione contro atti di violenza che possono essere commessi da privati.

La portata dell’obbligazione positiva deve essere interpretata in modo da non imporre un onere insopportabile o eccessivo alle autorità, viste le difficoltà per le forze dell’ordine nell’esercizio delle loro funzioni nelle società contemporanee, l’imprevedibilità dei comportamenti umani e l’operatività scelte da compiere in termini di priorità e risorse. Pertanto, qualsiasi presunta minaccia alla vita non obbliga le autorità, ai sensi della Convenzione, ad adottare misure concrete per prevenirla. Affinché vi sia un obbligo positivo, è necessario stabilire che le autorità lo sapevano o avrebbero dovuto saperlo e di non aver adottato, nell’ambito delle proprie competenze, le misure necessarie. L’obbligo positivo di tutelare l’ integrità fisica della persona si estende alle questioni relative all’efficacia di un’indagine penale, che non può limitarsi ai soli casi di maltrattamento. Questo aspetto dell’obbligo positivo non richiede necessariamente una condanna ma l’effettiva applicazione delle leggi, in particolare del diritto penale, per garantire la tutela dei diritti garantiti dall’articolo 3 della Convenzione. Nell’obbligo di indagine è implicito un requisito di tempestività e ragionevole diligenza. I meccanismi di tutela previsti dal diritto interno devono operare concretamente entro un termine ragionevole che consenta di concludere l’esame nel merito delle fattispecie sottoposte loro. Infatti, l’obbligo dello Stato ai sensi dell’art . 3 della Convenzione non può ritenersi soddisfatto se i meccanismi di tutela previsti dal diritto interno esistono solo in teoria: è anzitutto necessario che funzionano in pratica, il che presuppone un esame tempestivo del caso e senza inutili ritardi.

Inoltre si sancisce la violazione dell’articolo 14 della Convenzione  in combinato disposto con gli artt. 2 e 3:

Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella … Convenzione deve essere assicurato, senza distinzioni di alcun genere, basate in particolare sul sesso, razza, colore, lingua, religione, opinioni politiche o qualsiasi altra opinione, origine nazionale o sociale, appartenenza a una minoranza nazionale, ricchezza, nascita o qualsiasi altra situazione.”

che provano le omissioni delle autorità italiane della discriminazione cui sarebbe stata sottoposta la vittima in quanto donna.

Corte E.D.U., Sezione Prima, sent. 2 marzo 2017, Talpis c. Italia

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