Consenso agli atti sessuali
Violenza sessuale caratterizzata da atti sessuali repentini
Il consenso agli atti sessuali deve perdurare nel corso dell’intero rapporto senza soluzione di continuità.
Nel caso di specie l’imputato ha avuto un contatto di indole sessuale con la persona offesa. La tesi difensiva è che la ragazza avrebbe avuto dei comportamenti tali da non concretizzare il dissenso o quanto meno consentire all’uomo di verificare il suo dissenso.
La tesi difensiva, secondo cui «il dissenso deve persistere durante tutta l’azione o può subentrare in un momento successivo» è contraria al costante orientamento della giurisprudenza per cui i rapporti sessuali sono leciti quando vi è il consenso, espresso o manifestato per fatti concludenti, della persona offesa.
Ed invero, in tema di reati contro la libertà sessuale, la giurisprudenza ha affermato che nei rapporti tra maggiorenni è il consenso – non il dissenso – agli atti sessuali che deve perdurare nel corso dell’intero rapporto senza soluzione di continuità; di conseguenza, integra il reato di cui all’art. 609-bis cod. pen. la prosecuzione del rapporto nel caso in cui, successivamente a un consenso originariamente prestato, intervenga in itinere una manifestazione di dissenso, anche non esplicita, ma per fatti concludenti chiaramente indicativi della contraria volontà (Sez. 3, n. 15010 del 11/12/2018, dep. 2019).
Dalla ricostruzione del fatto operata dai giudici di merito in base alle dichiarazioni della persona offesa, non contestate, il fatto risulta commesso nella prima fase mediante il compimento di atti repentini e, poi, con veri e propri atti di violenza fisica, per altro reiterati.
Secondo tale ricostruzione, la donna verso le 2.00 di notte, uscì di casa per fumare una sigaretta quando fu avvicinata dal ricorrente il quale iniziò a parlarle; improvvisamente, le accarezzò la testa ed il collo e la baciò sulle labbra. La donna restò spaventata ed immobilizzata mentre l’uomo le infilò una mano sotto la gonna toccandole la vagina. Quindi, la donna cercò di allontanarlo ma l’uomo la bloccò con forza, tenendola per un braccio e continuò a toccarle la vagina, anche con le dita. La donna riuscì a liberarsi e dirigersi verso il proprio appartamento ma fu seguita dall’uomo che le chiese di appartarsi con lui.
L’uomo riuscì ad entrare nell’androne del palazzo ove dimorava la persona offesa e continuò a porre in essere gli stessi atti sessuali ai danni della donna. La condotta fu reiterata anche successivamente: la persona offesa uscì dal condominio con l’intento di rientrarvi successivamente lasciando all’esterno l’aggressore ma l’uomo riuscì a infilarsi nuovamente nell’androne ed a continuare la condotta delittuosa con palpeggiamenti e baci sul seno nonché cercando di mettere la sua testa tra le gambe di lei sotto il vestito. La giovane restò immobilizzata ed inerte per via della forza dell’uomo, il quale si abbassò i pantaloni e afferrò la mano di lei di, portandola sui genitali; l’imputato cercò anche di far abbassare la persona offesa per costringerla a praticare del sesso orale.
A tal punto la donna riuscì ad allontanarsi; il ricorrente, però, continuò con insistenza a baciarla ed a toccarla, mentre lei suonava la porta. Solo quando una delle coinquiline aprì la porta, la persona offesa riuscì a sottrarsi all’aggressione.
La tesi difensiva, sulla necessità della manifestazione del dissenso o sulla ambiguità del comportamento della donna è smentita in fatto dalla prova che la prima parte dell’azione fu compiuta mediante atti repentini e nella seconda vi furono espliciti atti di manifestazione del dissenso, per altro non rilevanti ai fini della consumazione del reato.
L’imputato è stato condannato per quella particolare forma di violenza sessuale caratterizzata da atti sessuali repentini, cioè compiuti improvvisamente all’insaputa della persona destinataria; all’inizio della condotta, prima della resistenza della vittima, l’atto sessuale è stato commesso con azione repentina.
La giurisprudenza qualifica violenti gli atti sessuali repentini perché compiuti senza accertarsi del consenso della persona destinataria o, comunque, prevenendone la manifestazione di dissenso (Sez. 3, n. 6945 del 27/01/2004). Si è affermato che l’elemento della violenza può estrinsecarsi, nel reato di violenza sessuale, oltre che in una sopraffazione fisica, anche nel compimento insidiosamente rapido dell’azione criminosa tale da sorprendere la vittima e da superare la sua contraria volontà, così ponendola nell’impossibilità di difendersi (Sez. 3, n. 27273 del 15/06/2010).
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 3 n. 857 del 2024