Dare del “Pezzente” è reato?
Va premesso che, in materia di diffamazione, occorre valutare l’offensività della espressione che si assume lesiva della altrui reputazione.
La giurisprudenza di legittimità che si è formata in tema di diffamazione richiede che la condotta astrattamente conforme al tipo possieda attitudine offensiva, nel senso che, in relazione alle concrete circostanze del fatto, risulti suscettibile di diffusione e di pregiudizio della stima e del rispetto di cui ogni consociato è meritevole nel contesto di riferimento (Cass., sez. 5, n. 5654 del 19/10/2012; sez.5, n. 34178 del 10/02/2015, Rv. 264982; sez.5, n. 22598 del 25/02/2010, Siggia, Rv. 247352; in motivazione, sez. 5, n. 37383 del 16/06/2011, Benetton, Rv. 251517).
Risulta, nel caso di specie, dal tenore delle sentenze dei giudici di merito che la parola “pezzente” sia stata pronunciata dall’imputato isolatamente, in modo improvviso ed occasionale, al di fuori di un più ampio ed articolato contesto dialogico. In altre parole, al di là dell’avvenuta percezione dell’esternazione verbale, non è ravvisabile, alla lettura delle proposizioni delle decisioni di merito, indicatore alcuno e soprattutto appagante della idoneità del mero vocabolo, avulso da un quadro d’insieme minimamente esplicativo, ad incidere sulla reputazione del destinatario di essa, intesa quale patrimonio di stima, di fiducia, di credito accumulato dal singolo nella società e, in particolare, nell’ambiente in cui quotidianamente vive e opera (cfr. sez.5, n.12898 del 2020, Pavani, non mass.).
Ne consegue che, nel caso di specie, difettino gli elementi essenziali del reato di diffamazione, che attiene alla tutela del bene giuridico della reputazione, intesa in senso oggettivo come la considerazione personale di cui ognuno può pretendere di godere nella società civile. Il principio di offensività è di rango costituzionale e costituisce criterio interpretativo-applicativo per il giudice, il quale, nella verifica della riconducibilità di un determinato comportamento al paradigma di una norma incriminatrice, deve circoscriverne la punibilità ai casi in cui esso presenti concreta efficacia o potenzialità lesiva (cfr. Corte Cost. sent. n. 211 del 2022; Corte Cost. sent. n. 225 del 2008).
Corte di Cassazione Sez. V, 25 giugno 2024, sentenza n. 25026/2024