Il Decreto di giudizio immediato è disciplinato dall’articolo 456, Codice di procedura penale:
Al decreto che dispone il giudizio immediato si applicano le disposizioni dell’articolo 429 commi 1 e 2.
Il decreto contiene anche l’avviso che l’imputato può chiedere il giudizio abbreviato ovvero l’applicazione della pena a norma dell’articolo 444.
Il decreto è comunicato al pubblico ministero e notificato all’imputato e alla persona offesa almeno trenta giorni prima della data fissata per il giudizio.
All’imputato e alla persona offesa, unitamente al decreto, è notificata la richiesta del pubblico ministero.
Al difensore dell’imputato è notificato avviso della data fissata per il giudizio entro il termine previsto dal comma 3.
In tale ultimo caso la richiesta deve essere presentata, a pena di decadenza, nei quindici giorni successivi alla notificazione del decreto di giudizio immediato.
Secondo la recente pronunzia della Corte Costituzionale 14 Febbraio 2020 n. 19, è stata dichiarata l’incostituzionalità dell’art 456, comma 2 C.p.P., nella parte in cui non prevede che il decreto che dispone il giudizio immediato contenga l’avviso della facoltà dell’imputato di chiedere la sospensione del processo con messa alla prova, poiché in questa ipotesi è previsto per la proposizione il termine di decadenza di quindici giorni dalla notifica del decreto di giudizio.
In proposito si riporta la massima ufficiale della Corte Costituzionale, secondo la quale è dichiarato costituzionalmente illegittimo – per violazione dell’art. 24, secondo comma, Cost. – l’art. 456, comma 2, C.p.P., nella parte in cui non prevede che il decreto che dispone il giudizio immediato contenga l’avviso della facoltà dell’imputato di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova. La disposizione censurata viola il diritto di difesa in quanto, come già affermato in relazione al procedimento per decreto, anche nel giudizio immediato il termine entro cui chiedere i riti alternativi a contenuto premiale (quindici giorni, dalla notifica del relativo decreto) è anticipato rispetto al dibattimento, con la conseguenza che, essendo il termine stabilito a pena di decadenza, la mancanza dell’avvertimento può determinare un pregiudizio irreparabile della facoltà di accedere al rito speciale della messa alla prova.
Dalla declaratoria di, illegittimità costituzionale discende che l’omissione dell’avviso non potrà che integrare una nullità di ordine generale ex art. 178, comma 1, lett. c), C.p.P. (Precedenti citati: sentenze n. 201 del 2016 e n. 148 del 2004). La sospensione del procedimento con messa alla prova si configura come un istituto dì natura sia sostanziale, laddove dà luogo all’estinzione del reato, sia processuale, consistente in un nuovo procedimento speciale, alternativo al giudizio. (Precedenti citati: sentenze n. 131 del 2019, n. 91 del 2018, n. 201 del 2016 e n. 240 del 2015 ). La richiesta di riti alternativi costituisce anch’essa una modalità, tra le più qualificanti, di esercizio del diritto di difesa. (Precedenti citati: sentenze n. 201 del 2016, n. 237 del 2012, n. 219 del 2004, n. 148 del 2004 e n. 497 del 1995). (Corte Costituzionale sent. n.19 del 2020).
Corte di Cassazione Sez. 5 n. 17769 Anno 2022