In tema di determinazione della pena, tra il minimo e il massimo edittale, il giudice deve far riferimento ad alcuni elementi di fatto riconducibili al parametro normativo “guida“, previsto dall’art. 133 C.p. e sui quali si esplica l’obbligo di motivazione.
La determinazione della pena si realizza nell’esercizio del potere discrezionale del giudice con riguardo alla gravità del reato e alle modalità in cui lo stesso si concretizza.
Nell’esercizio del potere discrezionale … il giudice deve tener conto della gravità del reato, desunta:
1) dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall’oggetto, dal tempo, dal luogo e da ogni altra modalità dell’azione;
2) dalla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato;
3) dalla intensità del dolo o dal grado della colpa.
Il giudice deve tener conto, altresì, della capacità a delinquere del colpevole, desunta:1) dai motivi a delinquere e dal carattere del reo;
2) dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla condotta e dalla vita del reo, antecedenti al reato;
3) dalla condotta contemporanea o susseguente al reato;
4) dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo.
Ed è noto che, in tema di determinazione della pena, nel caso in cui la dosimetria sanzionatoria si collochi al di sotto della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 C.p. (cfr. ex multis, Cass., Sez. 4, n 46412 del 5/11/2015); ciò perché, nel caso in cui venga irrogata una pena prossima al minimo edittale, l’obbligo di motivazione del giudice si attenua (Cass., Sez. 2, n. 28852 del 8/5/2013).
A maggior ragione, dunque, non vi è spazio per il sindacato di legittimità di fronte ad una motivazione in cui si sono messe in risalto le ragioni specifiche in base alle quali si è valutato di tenere la pena entro limiti, peraltro, certamente minimi. (Cass., Sez. 5, n. 27415/2022)