La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento affronta nuovamente la questione inerente il reato di diffamazione tramite la rete Internet, sotto tutti i profili giuridici, dalla competenza territoriale fino all’esimente del diritto di satira, delineandone gli ambiti e i confini.
Orbene per quanto concerne la competenza territoriale la Suprema Corte di Cassazione, richiamando i precedenti giurisprudenziali sul punto, afferma che sebbene nei reati di diffamazione tramite la rete “internet”, ove sia impossibile stabilire il luogo di consumazione del reato e sia stato invece individuato quello in cui il contenuto diffamatorio è stato caricato come dato informatico, per poi essere immesso in rete, la competenza territoriale va determinata, ai sensi dell’art. 9, primo comma, C.p.C. in relazione al luogo predetto, in cui è avvenuta una parte dell’azione, o in subordine in forza del criterio del luogo di domicilio dell’imputato, in applicazione della regola suppletiva stabilita dall’art. 9, comma secondo, C.p.C.
Quanto al secondo punto, ovvero l’esercizio del diritto di satira, la giurisprudenza di legittimità è univoca nel sostenere che in tema di diffamazione con il mezzo della stampa è configurabile l’esimente del diritto di satira, distinto da quelli di cronaca e di critica, che mira all’ironia sino al sarcasmo e comunque all’irrisione di chi esercita un pubblico potere, in tal misura esasperando la polemica intorno alle opinioni ed ai comportamenti.
In tal senso “la satira è anche espressione artistica in quanto opera una rappresentazione intuitivamente simbolica che, in particolare la vignetta, propone quale metafora caricaturale. Come tale non è soggetta agli schemi razionali della verifica critica, purché attraverso la metafora pure paradossale sia comunque riconoscibile se non un fatto o comportamento storico l’opinione almeno presunta della persona pubblica, secondo le sue convinzioni altrimenti espresse, che per sé devono essere di interesse sociale. Pertanto, può offrirne la rappresentazione surreale, purché rilevante in relazione alla notorietà della persona, assumendone contenuti che sfuggono all’analisi convenzionale ed alla stessa realtà degli accadimenti, ma non astrarsene sino a fare attribuzioni non vere. Sul piano della continenza, infine, il linguaggio essenzialmente simbolico e frequentemente paradossale della satira, in particolare grafica, è svincolato da forme convenzionali, onde non si può applicarle il metro consueto di correttezza dell’espressione. Ma, al pari di ogni altra manifestazione del pensiero, essa non può superare il rispetto dei valori fondamentali, esponendo la persona, oltre al ludibrio della sua immagine pubblica, al disprezzo“(Corte di Cass. Sez. 5, n. 13563/1998).
Inoltre, qualora l’articolo contenga una critica formulata con modalità proprie della satira, il giudice, nell’apprezzare il requisito della continenza, deve tener conto del linguaggio essenzialmente simbolico e paradossale dello scritto satirico, rispetto al quale non si può applicare il metro consueto di correttezza dell’espressione, restando, comunque, fermo il limite del rispetto dei valori fondamentali, che devono ritenersi superati quando la persona pubblica, oltre che al ludibrio della sua immagine, sia esposta al disprezzo (Corte di Cass. Sez. 5, n. 37706/2013).
Ciò posto, va tuttavia rammentato che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, non sussiste l’esimente del diritto di critica nella forma satirica qualora essa, ancorché a sfondo scherzoso e ironico, sia fondata su dati storicamente falsi; tale esimente può, infatti, ritenersi sussistente quando l’autore presenti in un contesto di leale inverosimiglianza, di sincera non veridicità finalizzata alla critica e alla dissacrazione delle persone di alto rilievo, una situazione e un personaggio trasparentemente inesistenti, senza proporsi alcuna funzione informativa e non quando si diano informazioni che, ancorché presentate in veste ironica e scherzosa, si rivelino false e, pertanto, tali da non escludere la rilevanza penale (Corte di Cass. Sez. 5, n. 4695/2016; Corte di Cass. Sez. 5, n. 3676/2010).
Corte di Cassazione Penale Sent. Num. 34129 Anno 2019