Sedotta e abbandonata. Film dell’anno 1964

sedotta e abbandonataSedotta e abbandonata è un film che esce nelle sale cinematografiche nell’anno 1964, subito dopo Divorzio all’italiana dell’anno 1961, sempre sotto la regia di Pietro Germi, il quale conquista lo stesso anno il David di Donatello come miglior regista.

Al pari del precedente Divorzio all’italiana, anche questa nuova pellicola cinematografica viene ambientata in terra siciliana, nel litorale agrigentino, ed affronta con toni meno ironici ma più severi e critici la tematica del matrimonio riparatore.

In una serena giornata estiva la sedicenne Agnese Ascalone (interpretata peraltro da una giovanissima Stefania Sandrelli) viene avvicinata e sedotta da Peppino, promesso sposo della sorella maggiore Matilde. A seguito del rapporto sessuale Agnese rimane incinta gettando l’intera famiglia nell’incubo del disonore e della vergogna. Da questo momento prendono vita i vari e grotteschi tentativi, le bugie e gli inganni del capofamiglia, don Vincenzo Ascalone, affinchè Peppino sposi la figlia Agnese, ormai sedotta e abbandonata, in modo da salvare l’onore e il nome della famiglia di fronte all’ipocrisia e al bigottismo del paese, nonchè all’occhio vigile ed indagatore dei singoli paesani.

L’obiettivo è quello di agire sulla base di quanto stabilito nell’ormai abrogato art. 544 del Codice Penale secondo cui il matrimonio tra l’autore di violenza carnale e la persona offesa (ovvero la vittima anche minorenne) estingue il reato e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali. In tal caso l’innocenza della donna viene ripulita attraverso il matrimonio con il suo carnefice che assurge a titolo di risarcimento del danno subito. L’articolo in questione è stato abrogato con la Legge 5 agosto 1981, n. 442 gettando le basi, soltanto giuridiche, della parità di genere e dell’emancipazione del ruolo della donna all’interno della società.

In tal senso la Corte Costituzionale nell’ordinanza del 18 Aprile 1984, circa tre anni dopo la Legge 5 agosto 1981, n. 442,  fa esplicito riferimento alle “modificazioni del costume e della società che avrebbero superato la concezione della donna soggetto più debole” e, inoltre “la riforma del diritto di famiglia e soprattutto la recente abrogazione (con L. n. 442/1981) della causa speciale di estinzione del reato, relativa al matrimonio riparatore, rispecchiano l’evoluzione sopra accennata e dimostrano la volontà del legislatore di uniformarsi all’avvenuto mutamento del costume sociale“.

Ne consegue che l’orientamento giurisprudenziale partito con la Legge n. 442 del 5 settembre 1981, e consolidato con la legge sul divorzio del 1970 e la riforma del diritto di famiglia del 1975 hanno formato la base giuridica della parità di genere ma queste non sono state correttamente accompagnate da una educazione culturale, di genere, che avrebbe dovuto agire parallelamente e conseguentemente alla prima.

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