La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza in commento affronta al questione inerente il diniego di messa alla prova a seguito del rigetto della relativa richiesta da parte del giudice di prime cure.
Nella fattispecie in esame il diniego di messa alla prova era avvenuto senza attendere l’elaborazione del programma di risocializzazione, limitandosi a valorizzare i precedenti penali dell’imputato e l’assenza del requisito del risarcimento del danno.
Sul punto deve richiamarsi il principio di diritto secondo cui, la sospensione del processo con messa alla prova è subordinata alla duplice condizione dell’idoneità del programma di trattamento e, congiuntamente, della prognosi favorevole in ordine all’astensione dell’imputato dal commettere ulteriori reati; si tratta di due giudizi diversi rimessi alla discrezionalità del giudice guidata dai parametri indicati dall’art. 133 C.p.
In tal senso vengono in rilievo i parametri dettati dall’art. 133 C.p. in base al quale “nell’esercizio del potere discrezionale … il giudice deve tener conto della gravità del reato, desunta dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall’oggetto, dal tempo, dal luogo e da ogni altra modalità dell’azione; dalla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato; dalla intensità del dolo o dal grado della colpa. Il giudice deve tener conto, altresì, della capacità a delinquere del colpevole, desunta dai motivi a delinquere e dal carattere del reo; dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla condotta e dalla vita del reo, antecedenti al reato; dalla condotta contemporanea o susseguente al reato; dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo“.
Ne consegue che l’impossibilità di formulare con esito favorevole la prognosi in ordine alla capacità a delinquere dell’imputato impedisce che quest’ultimo ottenga il beneficio richiesto, indipendentemente dalla presentazione del programma di trattamento (Cass., sez. 5, n. 7983 del 26/10/2015, dep. 2016).
Nel caso in esame, il Tribunale e poi la Corte di appello, nel pieno esercizio dei loro poteri di giudici del merito, hanno ritenuto che il ricorrente, in relazione ai suoi precedenti penali, anche medio tempore intervenuti rispetto alla originaria richiesta, fosse soggetto con positiva prognosi di ricaduta nel reato, circostanza che neanche viene contestata in ricorso e che preclude ogni ulteriore valutazione in ordine alla possibilità di ottenere la sospensione del procedimento con messa alla prova.
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 2 n. 2486 Anno 2022