Il diritto all’oblio concerne le ipotesi in cui il soggetto, che in passato ha visto divenire noti i propri dati personali, abbia successivamente interesse a non vederli ulteriormente diffusi, in particolare sul Web.
Il campo di elezione del diritto all’oblio è quello dei mezzi di comunicazione di massa e delle notizie personali oggetto di cronaca, anche sul Web.
Sotto il profilo giuridico il diritto all’oblio trova un limite nel diritto di cronaca quando sussista un interesse effettivo ed attuale alla diffusione dei dati/notizie.
Invero l’identità è dinamica; si pone il problema di conciliare il conflitto tra verità storica e identità attuale.
Il diritto all’oblio non è considerato un nuovo diritto, ma uno strumento per tutelare altri diritti, quali la riservatezza, l’identità personale e il diritto alla protezione dei dati personali.
Il bene giuridico tutelato è sempre quello dell’identità, che va bilanciato tuttavia con altri diritti costituzionali e diritti fondamentali dell’Unione europea, quali quelli della libertà d’informazione, di espressione, di accessibilità universale alle informazioni su Internet.
Del diritto all’oblio si è occupata la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (13 maggio 2014, C. n. 131/12, Google Spain) stabilendo che
“l’attività di un motore di ricerca consistente nel trovare informazioni pubblicate o inserite da terzi su Internet, nell’indicizzarle in modo automatico, nel memorizzarle temporaneamente e, infine, nel metterle a disposizione degli utenti di Internet secondo un determinato ordine di preferenza, deve essere qualificata come trattamento di dati personali”
inoltre
“il gestore di un motore di ricerca è obbligato a sopprimere, dall’elenco di risultati che appare a seguito di una ricerca effettuata a partire dal nome di una persona, dei link verso pagine web pubblicate da terzi anche quando la loro pubblicazione su tali pagine web sia di per sé lecita”.
La Corte UE attribuisce a carico del motore di ricerca la de – indicizzazione del dato risalente nel tempo con riguardo ai link al sito che lo conteneva, ma non con riguardo alla pagina del sito web.
Ne consegue che, in nessun caso potrebbe essere disposta la cancellazione del dato dal sito sorgente ma, semmai, si tratterebbe solo di limitare l’utilizzo da parte di altri che abbiano ricavato quelle informazioni dalla fonte, per trattarle autonomamente.
L’art. 8, 20 comma, della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea (c.d. Carta di Nizza) autorizza il trattamento dei dati personali, che vanno trattati in base ad un fondamento legittimo previsto dalla legge; mentre l’art. 52, n. 1, della Carta riconosce che possano essere apportate limitazioni all’esercizio di diritti come quelli sanciti dagli artt. 7 e 8 della medesima, purché tali limitazioni siano previste dalla legge, rispettino il contenuto essenziale di detti diritti e libertà e, nel rispetto del principio di proporzionalità, siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.
Nel diritto europeo, dunque, il diritto alla protezione dei dati personali non appare come una prerogativa assoluta, ma va considerato alla luce della sua funzione sociale.
Corte di Cassazione Civile Ord. Num. 15096 Anno 2015