Negli ultimi anni si è discusso nell’ambito della dottrina e della giurisprudenza, anche a livello comunitario e internazionale, sulla tematica inerente il c.d. diritto di accesso a Internet, inteso quale diritto riconosciuto ad ogni persona di accedere alla rete o meglio, ai servizi offerti dalla rete.
L’importanza del dibattito sul diritto di accesso a Internet ne impone, in primis, una sintetica illustrazione.
Nella società moderna ed industrializzata la rete di Internet rappresenta il principale mezzo di comunicazione e, nel contempo la principale piattaforma di accesso all’informazione e alla conoscenza in senso lato.
E proprio per tutelare il diritto fondamentale all’informazione ci si chiede se il diritto di accesso a Internet debba essere considerato un diritto sociale, riconosciuto a tutti i cittadini e quale base necessaria per esercitare altri diritti della persona.
Ma occorre, a tal riguardo, chiedersi: cos’è un diritto sociale?
Esso si sostanzia nel diritto dell’individuo ad ottenere una prestazione positiva da parte dello Stato. E’ una pretesa rivolta all’amministrazione statale di porre in essere determinate attività idonee a garantire una esistenza libera e dignitosa in modo che ciascun cittadino sia partecipe della vita associata.
Per capire bene la portata del dibattito, prendiamo a titolo di esempio il diritto alla salute quale tipico diritto sociale. Il suddetto diritto sancito dall’art. 32 Cost. comprende il diritto dell’individuo a preservare la propria integrità fisica e psichica a seguito di un ragionevole bilanciamento con altri interessi o beni di pari tutela costituzionale. Sotto il profilo meramente materiale, al pari di ogni diritto a prestazioni positive, il diritto alla salute si sostanzia nel diritto dell’individuo ad ottenere idonei trattamenti sanitari e cure adeguate ovvero idonee condizioni di vita e di lavoro (cd. diritto ad una ambiente salubre).
Riportando l’esempio al diritto di accesso a Internet si potrebbe ben affermare che lo stesso impone, quale prestazione positiva da parte dello Stato, una serie di mezzi e strumenti da offrire ai cittadini per usufruire dei servizi informatici e telematici.
Occorre garantire da un lato la connettività intesa quale complesso di infrastrutture (hardware, software, wireless,..) necessarie per accedere al contenuto della rete, e nel contempo porre in essere le basi per un processo di educazione digitale.
Invero, il diritto di accesso a Internet deve essere inteso anche nel senso di alfabetizzazione digitale al fine di poter capire e quindi, usufruire dei contenuti della rete che ingloba anche il diritto all’informazione, alla libertà di espressione, manifestazione del pensiero e di comunicazione.
Solo a tali condizioni il diritto di accesso a Internet potrebbe essere qualificato quale diritto sociale.
Ma, la Corte Costituzionale, (sentenza n. 307/2004), intervenuta in materia di contributi finanziari erogati dallo Stato, con carattere di automaticità, in favore di soggetti individuati in base all’età o al reddito e finalizzati all’acquisto di personal computer abilitati alla connessione ad “Internet”, ha affermato che ciò corrisponde a finalità di interesse generale, quale è lo sviluppo della cultura, nella specie attraverso l’uso dello strumento informatico, il cui perseguimento fa capo alla Repubblica in tutte le sue articolazioni (art. 9 della Costituzione), non qualificando il diritto di accesso a Internet quale diritto sociale.
Certamente l’ingente diffusione di forme di comunicazione on line quale espressione di una cittadinanza digitale e di partecipazione democratica, impone che l’accesso a Internet diventi una delle manifestazioni di libertà dell’individuo, in attesa di concreta e specifica regolamentazione.