Il Diritto di prelazione è disciplinato dal dispositivo dell’art. 732 Codice Civile:
Il coerede, che vuol alienare a un estraneo la sua quota o parte di essa, deve notificare la proposta di alienazione, indicandone il prezzo, agli altri coeredi, i quali hanno diritto di prelazione. Questo diritto deve essere esercitato nel termine di due mesi dall’ultima delle notificazioni. In mancanza della notificazione, i coeredi hanno diritto di riscattare la quota dall’acquirente e da ogni successivo avente causa, finché dura lo stato di comunione ereditaria.
Se i coeredi che intendono esercitare il diritto di riscatto sono più, la quota è assegnata a tutti in parti uguali.
Deve osservarsi che i diritti di prelazione e di riscatto previsti dall’art. 732 C.c. in favore del coerede postulano che l’alienazione posta in essere da un altro coerede riguardi la quota ereditaria (o parte di essa), intesa come porzione ideale dell’universum ius defuncti, e vanno pertanto esclusi quando risulti che i contraenti non abbiano inteso sostituire il terzo all’erede nella comunione ereditarla e che l’oggetto del contratto sia stato considerato come cosa a sé stante, e non come quota del patrimonio ereditario o parametro per individuare la quota di detto patrimonio in quanto tale: in tal caso, data la mancanza nel coerede della titolarità esclusiva del diritto di proprietà sul singolo bene, l’efficacia della alienazione, con effetti puramente obbligatori, resta subordinata alla condizione della assegnazione, a seguito della divisione, del bene (o della sua quota parte) al coerede medesimo e quindi non può sorgere il pregiudizio (intromissione di estranei nella comunione ereditaria) che la norma in questione vuole evitare (Cass. 2 agosto 1990, n. 7749; Cass. 18 marzo 2002, n. 3945; Cass. 14 giugno 2002, n. 8571; Cass. 4 aprile 2003, n. 5320; nel senso che tale principio trova applicazione anche nel caso in cui sia alienata la quota indivisa di un bene ereditario: Cass. 22 gennaio 1985, n. 246; Cass. 15 giugno 1988, n. 4092).
Se, però, l’erede aliena ad un estraneo la quota indivisa dell’unico cespite ereditario, si presume l’alienazione della sua corrispondente quota, intesa come porzione ideale dell’universum ius defuncti, e perciò il coerede può esercitare il retratto successorio (art. 732 C.c.), salvo che il retrattato dimostri, in base ad elementi concreti della fattispecie ed intrinseci al contratto (volontà delle parti, scopo perseguito, consistenza del patrimonio ereditario e raffronto con l’entità dei beni venduti) – con esclusione del comportamento del retraente, estraneo al contratto medesimo che, invece, la vendita aveva ad oggetto un bene a sé stante (Cass. 9 aprile 1997, n. 3049; Cass. 4 aprile 2003, n. 5320; Cass. 28 ottobre 2010, n. 22086; nel medesimo senso: Cass. 30 gennaio 2006, n. 1852; Cass. 9 gennaio 2007, n. 215). (cit. Cass., civ. sez. II, del 3 maggio 2016, n. 8692)