La richiesta di patteggiamento può essere avanzata sia nel corso delle indagini preliminari e sia nella udienza preliminare, fino al momento della discussione, secondo la disposizione di cui all’art. 446, comma 1, C.p.P.:
Le parti possono formulare la richiesta prevista dall’articolo 444, comma 1, fino alla presentazione delle conclusioni di cui agli articoli 421, comma 3, e 422, comma 3, e fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado nel giudizio direttissimo. Se è stato notificato il decreto di giudizio immediato, la richiesta è formulata entro il termine e con le forme stabilite dall’articolo 458, comma 1.
Secondo il dispositivo di cui all’art. 448, comma 1, C.p.P.:
Nell’udienza prevista dall’articolo 447, nell’udienza preliminare, nel giudizio direttissimo e nel giudizio immediato, il giudice, se ricorrono le condizioni per accogliere la richiesta prevista dall’articolo 444, comma 1, pronuncia immediatamente sentenza.
mentre al comma 2-bis si afferma che:
Il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Con riguardo all’applicazione o all’omessa applicazione di sanzioni amministrative accessorie si è affermato da parte della giurisprudenza di legittimità l’ammissibilità del ricorso per Cassazione.
Sull’ammissibilità del ricorso è d’uopo osservare come le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 21369/2020, la cui motivazione è stata depositata in data 17/7/2020, abbiano stabilito il seguente principio di diritto:
«In caso di sentenza di applicazione della pena, a seguito della introduzione della previsione di cui all’art. 448, comma 2-bis, C.p.P., è ammissibile il ricorso per cassazione che abbia ad oggetto l’applicazione o l’omessa applicazione di sanzioni amministrative accessorie ai sensi dell’art. 606 C.p.P.» (cfr. Cass., Sez. U, n. 21369 del 26/09/2019, dep. 17/07/2020, così massimata: «E’ ammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606 C.p.P. nei confronti della sentenza di “patteggiamento” con cui si censuri l’erronea ovvero l’omessa applicazione di sanzioni amministrative»).
La ratio del richiamato principio è da individuarsi nell’autonomia delle statuizioni concernenti le sanzioni amministrative accessorie, le quali, come si legge nelle motivazione della pronuncia testé citata, essendo estranee all’accordo delle parti, sono suscettibili di essere sindacate in sede di legittimità, coinvolgendo valutazioni discrezionali del giudice riguardanti il quantum della sanzione.
In base ad orientamento costante della Corte di legittimità il giudice è tenuto a motivare le ragioni che lo abbiano indotto ad applicare la sanzione amministrativa accessoria in misura apprezzabilmente superiore al minimo edittale, o – come affermato in plurime sentenze – in misura superiore alla media edittale ove non vi siano particolari ragioni di meritevolezza in favore dell’imputato (cfr. tra le altre, Cass., Sez. F, n. 24023 del 20/08/2020; Sez. 4, n. 21194 del 27/03/2012; Sez. 4, n. 35670 del 26/06/2007; Sez. 4, n. 8439 del 24/04/1996; Sez. 4, n. 21574 del 29/01/2014; Sez. 4, n. 2278 del 20/01/2018), dovendosi ritenere implicitamente assolto l’obbligo motivazionale allorquando la durata della sanzione non superi tali valori. (cit. Cass., Sez. 4 n. 15505/2022).