La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento affronta la questione inerente la lesione del diritto morale d’autore, di cui all’art. 20, Legge 22 Aprile 1941, n. 633 (Legge sul diritto d’autore) quale diritto della persona ad essere riconosciuto come tale nell’ipotesi di mancata indicazione nell’opera del nome dell’autore senza attribuzione di paternità ad altro soggetto, ovvero nel semplice anonimato.
In sostanza, occorre stabilire se l’anonimato possa produrre un pregiudizio, anche qualora non si accompagni all’attribuzione della paternità dell’opera ad altri.
La complessa situazione giuridica soggettiva che integra il diritto di autore si compone di diritti afferenti la sfera patrimoniale e non patrimoniale (o morale): onde il cd. diritto morale d’autore si delinea per sottrazione dalla componente costituita dai diritti esclusivi di utilizzazione economica dell’opera.
Il diritto morale d’autore è definito come afferente a quei “diritti sull’opera a difesa della personalità dell’autore“. Sulla base del diritto positivo, esso presenta più sfaccettature, quali il diritto a rivendicare la paternità dell’opera e ad opporsi ad ogni deformazione, mutilazione o modificazione (art. 20 l.a.); il diritto di rivelarsi l’autore di un’opera anonima (art. 21 l.a.); il diritto di inedito (art. 24 l.a.); il diritto di ritirare l’opera (art. 142 l.a.); il diritto alla indicazione del proprio nome da parte dell’editore (art. 126 l. a.).
Degli indicati sottodiritti, il primo e l’ultimo (artt. 20 e 126 l.a.) concorrono a soddisfare l’essenziale tutela della identità personale autorale ed artistica, avendo l’editore l’obbligo di indicare il nome dell’autore dell’opera proprio in quanto, in tal modo, ne viene rispettata l’attribuzione di paternità: l’essere riconosciuto come autore dell’opera concorre alla specifica identità personale, quale componente dei più ampi ed inviolabili diritti, di rilievo costituzionale, all’identità, all’onore, alla reputazione personale ed al prestigio sociale.
Si noti che il diritto alla paternità dell’opera in capo al suo effettivo autore risente di una valutazione che attiene non esclusivamente alla sfera privata del singolo, ma ad un interesse più generale: basti ricordare l’art. 22 l.a., che pone il divieto di alienazione del diritto morale, con ciò palesando come la garanzia della paternità dell’opera e della sua integrità non soltanto tutela l’autore stesso, ma ha anche una finalità di natura pubblicistica.
Invero, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, il titolare del diritto d’autore può disporre del diritto patrimoniale all’utilizzazione dell’opera, ma non del diritto morale al riconoscimento della paternità, in modo tale da consentire la messa in circolazione di opere falsamente imputabili all’autore medesimo e da pregiudicare la lealtà e la correttezza del mercato artistico.
Come per gli altri diritti della persona, anche il diritto d’autore è suscettibile di essere leso dall’illecito contrattuale o extracontrattuale altrui e, quindi, di patire un conseguente pregiudizio, vuoi al patrimonio, vuoi alla sfera personale del soggetto, che potrà risentire così di un danno patrimoniale come di un danno morale.
Invero, se il diritto patrimoniale d’autore corrisponde al profitto economico che l’autore ritrae dalla sua creazione, onde la sua lesione può dar luogo, al pari di ogni altro diritto della personalità, al risarcimento del danno per il pregiudizio economico che ne sia derivato, il diritto morale d’autore costituisce quella ricompensa non economica che consiste nell’essere riconosciuto fra il pubblico indistinto come il soggetto che l’opera stessa abbia realizzato con il proprio originale apporto creativo.
Ne consegue che il diritto alla paternità dell’opera viene leso dalla mancata indicazione di tale paternità, sia stata essa, oppure no, accompagnata dalla positiva attribuzione dell’opera ad altri, anche nell’ipotesi in cui l’opera sia stata pubblicata come anonima. Ove, dunque, sia stata omessa l’indicazione del nome dell’autore di un’opera dell’ingegno ciò integra il primo presupposto dell’elemento oggettivo della fattispecie, costituito dalla condotta di lesione al diritto morale d’autore, quale danno evento; nel caso in cui, inoltre, da ciò derivino i danni-conseguenza del pregiudizio patrimoniale (perché non essere riconosciuto come autore, ad esempio, precluda ulteriori occasioni di guadagno dalle proprie opere) o non patrimoniale, essi dovranno essere risarciti.
La giurisprudenza di legittimità in tema di risarcimento del danno non patrimoniale lo configura come una categoria unitaria ed omnicomprensiva, idonea a ricomprendere tutti i pregiudizi che, accomunati “antologicamente” dalla loro natura non economica, in fatto possono comporsi di diversi aspetti (la perdita delle possibilità di svolgere date attività nella vita, le relazioni personali pregiudicate, la sofferenza morale, e così via). Quali che siano le forme di manifestazione dei pregiudizi non patrimoniali, essi hanno natura omogenea fra loro e concorrono alla liquidazione di un unico danno.
Corte di Cassazione Civile Sent. Sez. 1 Num. 18220 Anno 2019