Discriminazione razziale: ambito di applicazione

discriminazioneLa Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che nel presente articolo si riporta in commento si pronuncia in merito ai criteri di applicazione, ambito e qualificazione giuridica in relazione al delitto di  discriminazione razziale di cui alla Legge n. 654/1975.

In particolare occorre stabilire se e in che termini determinate offese generiche riconducibili ad una determinata categoria di persone possano considerarsi discriminatorie e, pertanto, integrare la fattispecie di cui all’art. 3, lettera a), Legge n. 654/1975, in materia di repressione della discriminazione razziale.

Secondo la giurisprudenza di legittimità ai fini della configurabilità del delitto di discriminazione razziale, la finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso è integrata solo quando la condotta posta in essere si manifesta come consapevole esteriorizzazione, immediatamente percepibile, di un sentimento connotato dalla volontà di escludere condizioni di parità per ragioni fondate sulla appartenenza della vittima ad una etnia, razza, nazionalità o religione.

In tale ottica, va osservato che la cosiddetta “propaganda di idee” di cui all’art. 3, comma primo, lett. a), prima parte, Legge 13 Ottobre 1975 n. 654 deve consistere nella divulgazione di opinioni finalizzata ad influenzare il comportamento o la psicologia di un vasto pubblico ed a raccogliere adesioni.

Inoltre, l’ “odio razziale o etnico” deve essere integrato non da qualsiasi sentimento di generica antipatia, insofferenza o rifiuto riconducibile a motivazioni attinenti alla razza, alla nazionalità o alla religione, ma solo da un sentimento idoneo a determinare il concreto pericolo di comportamenti discriminatori.

Peraltro, la “discriminazione per motivi razziali” è quella fondata sulla qualità personale del soggetto, non  invece sui suoi comportamenti.

In ragione di ciò, risulta del tutto evidente che nel caso in cui le affermazioni o frasi  non sono riconducibili nel concetto di “odio razziale o etnico”, e non possono considerarsi potenzialmente discriminatori nei confronti di una determinata categoria di soggetti appartenenti ad una determinata razza, nazionalità o religione non può configurarsi la suddetta previsione incriminatrice della discriminazione razziale.

Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 5 Num. 24065 Anno 2016

 

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