Disponibilità e valutazione delle prove
Disponibilità delle prove
Dispositivo dell’art. 115 Codice di procedura civile
Salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita.
Il giudice può tuttavia, senza bisogno di prova, porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza.
La violazione dell’art. 115 c.p.c., norma che sancisce il principio secondo cui il giudice decide “iuxta alligata et probata partium” è configurabile allorquando il giudice, contraddicendo espressamente o implicitamente la regola posta da tale disposizione, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa al di fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, non anche quando il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, trattandosi in tal caso di attività consentita dallo art. 116 c.p.c. (cfr. Cass., Sez. VI, 23/10/2018, n. 26769; Cass., Sez. III, 10/06/2016, n. 11892).
Valutazione delle prove
Dispositivo dell’art. 116 Codice di procedura civile
Il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti.
Il giudice può desumere argomenti di prova dalle risposte che le parti gli danno a norma dell’articolo seguente, dal loro rifiuto ingiustificato a consentire le ispezioni che egli ha ordinate e, in generale, dal contegno delle parti stesse nel processo.
La violazione dell’art. 116 c.p.c., norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale, è configurabile soltanto nel caso in cui il giudice, nel valutare una prova o comunque una risultanza probatoria, non abbia operato (in assenza di diversa indicazione normativa) secondo il suo prudente apprezzamento, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre nel caso in cui si deduca che il giudice ha male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (cfr. Cass., Sez. Un., 30/09/2020, n. 20867; Cass., Sez. VI, 31/08/2020, n. 18092; Cass., Sez. III, 10/06/2016, n. 11892).
Corte di Cassazione, Sez. VI civile, ordinanza del 10 settembre 2021, n. 24460