Liquidazione del danno ascrivibile alla condotta illecita
Prospettiva “differenzialista”
Il risarcimento del danno per l’inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta
L’art. 1223 cod. civ., norma che, laddove individua il danno nella perdita subita e nel mancato guadagno, “riflette una prospettiva differenzialista“, alla stregua della quale, il danno “è il pregiudizio economico che si riflette in un’effettiva diminuzione del patrimonio, diminuzione data alla differenza tra il valore attuale del patrimonio del creditore-danneggiato ed il valore che presenterebbe” se l’obbligazione fosse stata tempestivamente ed esattamente adempiuta o il fatto illecito non fosse stato realizzato (da ultimo, in motivazione, Cass. Sez. 1, ord. 20 ottobre 2021, n. 29251, non massimata, nello stesso senso – e con specifico riferimento al danno aquiliano – si veda, sempre in motivazione, Cass. Sez. 1, sent. 18 luglio 1989, n. 3352).
In altri termini, nell’ipotesi di responsabilità aquiliana non meno che in quella di responsabilità contrattuale, “il danno … è la differente situazione patrimoniale in cui il soggetto danneggiato … si sarebbe trovato se il fatto in questione non si fosse verificato“, con la ulteriore “precisazione che il danno come diminuzione patrimoniale, secondo la Differenztheorie che ha ispirato tutte le codificazioni mitteleuropee, presuppone che il patrimonio vada valutato non dal punto di vista giuridico, come complesso di diritti valutabili in danaro spettanti ad un soggetto, ma dal punto di vista economico, come complesso di beni o di utilità, costituendo in definitiva il danno un detrimento economico” (così già Cass. Sez. 1, sent. n. 3352 del 1989, cit., ripresa testualmente da Cass. Sez. 1, ord. n. 29251 del 2021, cit.).
Pertanto la Differenztheorie, che individua il danno in relazione alla variazione “in pejus” della situazione patrimoniale del danneggiato accertata «ante» e «post eventum» lesivo comporta che venga “tenuto conto anche degli eventuali «vantaggi collaterali» che siano pervenuti al danneggiato in dipendenza del medesimo evento lesivo, secondo un criterio di adeguatezza causale” (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 8 aprile 2021, n. 9380, non massimata).
D’altra parte, deve escludersi — salvo diversa, specifica, previsione legislativa, così come imposto dagli artt. 23 e 25 Cost per i cd. “punitive damages” (Cass. Sez. Un., sent. 5 luglio 2017, n. 16601) — che il danno risarcibile possa avere funzione “ultracompensativa”, in quanto “lo stesso ordinamento non consente l’arricchimento ove non sussista una causa giustificatrice dello spostamento patrimoniale da un soggetto ad un altro (nemo locupletari potest cum aliena iactura)” (così, in motivazione Cass. Sez. Civ., sent. 12 giugno 2008, n. 15814, non massimata sul punto), tale essendo, del resto, la logica sottesa alla stessa configurazione della c.d. “compensatio lucri cum damno” quale mera difesa, come tale, rilevabile d’ufficio dal giudice (per tale configurazione, da ultimo, Cass. Sez. 3., sent. 24 novembre 2020, n. 26757); (cit. Corte di Cassazione, Sez. 6, Ordinanza n. 33537 del 15/11/2022: nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva quantificato il danno patrimoniale da inadempimento dell’obbligazione professionale di progettazione e costruzione di un impianto di riscaldamento destinato a uno stabilimento industriale con riferimento ai costi necessari all’integrale smantellamento e rifacimento di quello preesistente, senza scomputare le spese che la società committente avrebbe comunque dovuto sostenere per procurarsi un impianto confacente alle caratteristiche dello stabilimento medesimo).