Elementi costitutivi del reato di atti persecutori
Il criterio distintivo tra il reato di atti persecutori e quello di cui all’art. 660 c.p. consiste nel diverso atteggiarsi delle conseguenze della condotta che, in entrambi i casi, può estrinsecarsi in varie forme di molestie, sicché si configura il delitto di cui all’art. 612-bis c.p. solo qualora le condotte molestatrici siano idonee a cagionare nella vittima un perdurante e grave stato di ansia ovvero l’alterazione delle proprie abitudini di vita, mentre sussiste il reato di cui all’art. 660 c.p. ove le molestie si limitino ad infastidire la vittima del reato (Cass., Sez. 5, n. 15625 del 09/02/2021).
Nel caso di specie l’imputato veniva condannato per il reato di atti persecutori poste in essere nei confronti della vicina di casa e persona offesa, realizzate attraverso pedinamenti, false accuse, aggressioni verbali, dispetti, minacce che costringevano quest’ultima a limitare le proprie uscite da casa e ad installare una telecamera di sicurezza ed un piccolo cancello sulla rampa delle scale nonché ad episodi di minacce di morte anche aggravate dall’uso di una sega da potatura nei confronti della donna e di un altro vicino di casa. Quanto alla esatta qualificazione giuridica del reato di atti persecutori, la sentenza impugnata evidenzia la ripetitività e consistenza dei comportamenti persecutori che in quanto tali avevano destabilizzato la donna, costretta a ricorrere alle cure di uno specialista per il grave stato di ansia prodottosi.
In punto di esatta qualificazione giuridica del fatto reato, deve rilevarsi che il giudice di merito ha indicato chiaramente le condotte tenute dall’imputato, aggiungendo che ha procurato l’evento che integra il reato, nella specie il timore per l’incolumità della persona offesa, il mutamento delle abitudini di vita, con la necessità di ricorrere a sistemi di videosorveglianza e di difesa dell’abitazione quali un cancello. Infine la sentenza di primo grado, con motivazione logica e coerente, ha chiarito come tutti gli episodi contestati all’imputato, sia relativi agli appostamenti presso l’ingresso dell’abitazione della persona offesa, sia le aggressioni verbali, sia i dispetti consistiti nel citofonare senza motivo, nel chiedere l’intervento delle forze di polizia ingiustificatamente, siano stati puntualmente descritti dalla persona offesa, indicando altresì la sussistenza di riscontri con le altre prove testimoniali, superando anche le criticità con riferimento alla prova dichiarativa e alla esistenza di rapporti di amicizia e conoscenza della persona offesa con i testi, rapporto chiaramente giustificato dalla sussistenza di corretti rapporti di vicinato spesso caratterizzati anche da rapporti amicali.
Anche con riferimento alla insussistenza dell’elemento psicologico la sentenza ha fatto buon governo dei principi fissati dalla Corte di legittimità avuto riguardo al dolo in base ai quali: “Nel delitto di atti persecutori, che ha natura di reato abituale di evento, l’elemento soggettivo è integrato dal dolo generico, il cui contenuto richiede la volontà di porre in essere più condotte di minaccia e molestia, nella consapevolezza della loro idoneità a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice e dell’abitualità del proprio agire, ma non postula la preordinazione di tali condotte – elemento non previsto sul fronte della tipicità normativa – potendo queste ultime, invece, essere in tutto o in parte anche meramente casuali e realizzate qualora se ne presenti l’occasione.” (Cass., Sez.5, n. 43085 del 24/09/2015; Cass., Sez.1, n. 28682 del 25/09/2020).
Corte di Cassazione penale, Sez. V, 22 febbraio 2023, n. 7825