Ai sensi dell’art. 51 C.p. L’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorità, esclude la punibilità.
Se un fatto costituente reato è commesso per ordine dell’Autorità, del reato risponde sempre il pubblico ufficiale che ha dato l’ordine.
Risponde del reato altresì chi ha eseguito l’ordine, salvo che, per errore di fatto, abbia ritenuto di obbedire ad un ordine legittimo.
Non è punibile chi esegue l’ordine illegittimo, quando la legge non gli consente alcun sindacato sulla legittimità dell’ordine.
Ai fini della sussistenza della causa di giustificazione è necessario che la condotta sia permessa dall’ordinamento giuridico, tanto da escluderne la punibilità, e trova il proprio fondamento nel principio di non contraddizione, secondo cui l’ordinamento non può da un lato riconoscere al soggetto la possibilità di agire in un certo modo e dall’altro sanzionare tale suo comportamento.
In proposito va innanzi tutto rammentato il principio per cui, ai fini dell’applicazione della causa di giustificazione di cui all’art. 51 C.p., è necessario che l’attività posta in essere costituisca una corretta estrinsecazione delle facoltà inerenti alla situazione soggettiva che viene in considerazione, nel senso che il fatto penalmente rilevante sotto il profilo formale sia stato effettivamente determinato dal legittimo esercizio di un diritto o dal legittimo adempimento di un dovere da parte dell’agente (Cass., Sez. 6, n. 14540/11 del 2 dicembre 2010). In altri termini la scriminante sussiste solo se il fatto penalmente illecito sia stato effettivamente determinato dalla necessità di esercitare il diritto o di adempiere il dovere. L’art. 51 C.p., non può insomma trovare applicazione in quei casi in cui detta necessità non ricorre, compreso quello in cui l’attività dell’agente abbia oltrepassato i limiti della situazione soggettiva che invoca a giustificazione della propria condotta.(Cass., n. 41192/2014: in cui l’esimente viene invocata con riguardo all’esercizio dei diritti e dei doveri connessi alla responsabilità genitoriale e in particolare all’obbligo del genitore di vigilare sulle comunicazioni effettuate o ricevute dai figli minori, obbligo rispetto alla cui necessità di adempimento il diritto alla riservatezza di questi ultimi risulterebbe recessivo).