Le norme per la protezione della fauna selvatica e per l’esercizio dell’attività venatoria sono regolate dalle Legge 11 febbraio 1992, n. 157, entrata in vigore l’ 11 Marzo 1992.
La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell’interesse della comunità nazionale ed internazionale (art. 1).
L’esercizio dell’attività venatoria è consentito purchè non contrasti con l’esigenza di conservazione della fauna selvatica e non arrechi danno effettivo alle produzioni agricole (art. 1).
Fanno parte della fauna selvatica oggetto della tutela della presente legge le specie di mammiferi e di uccelli dei quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato di naturale libertà nel territorio nazionale (art. 2).
L’attività venatoria si svolge per una concessione che lo Stato rilascia ai cittadini che la richiedano e che posseggano i requisiti previsti dalla presente legge (art. 12).
L’attività venatoria è consentita con l’uso del fucile con canna ad anima liscia fino a due colpi, a ripetizione e semiautomatico, con caricatore contenente non più di due cartucce, di calibro non superiore al 12, nonchè con fucile con canna ad anima rigata a caricamento singolo manuale o a ripetizione semiautomatica di calibro non inferiore a millimetri 5,6 con bossolo a vuoto di altezza non inferiore a millimetri 40.
E’ consentito, altresì, l’uso del fucile a due o tre canne (combinato), di cui una o due ad anima liscia di calibro non superiore al 12 ed una o due ad anima rigata di calibro non inferiore a millimetri 5,6, nonchè l’uso dell’arco e del falco (art. 13).
Le regioni, con apposite norme, sentite le organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e le province interessate, ripartiscono il territorio agro- silvo-pastorale destinato alla caccia programmata ai sensi dell’articolo 10, comma 6, in ambiti territoriali di caccia, di dimensioni subprovinciali, possibilmente omogenei e delimitati da confini naturali (art. 14).
Le regioni possono vietare o ridurre per periodi prestabiliti la caccia a determinate specie di fauna selvatica di cui all’articolo 18, per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità (art. 19).
E’ vietato a chiunque (art. 21):
a) l’esercizio venatorio nei giardini, nei parchi pubblici e privati, nei parchi storici e archeologici e nei terreni adibiti ad attività sportive;
b) l’esercizio venatorio nei parchi nazionali, nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali conformemente alla legislazione nazionale in materia di parchi e riserve naturali. Nei parchi naturali regionali costituiti anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 6 dicembre 1991, n. 394, le regioni adeguano la propria legislazione al disposto dell’articolo 22, comma 6, della predetta legge entro il 1 gennaio 1995, provvedendo nel frattempo all’eventuale riperimetrazione dei parchi naturali regionali anche ai fini dell’applicazione dell’articolo 32, comma 3, della legge medesima;
c) l’esercizio venatorio nelle oasi di protezione e nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri di riproduzione di fauna selvatica, nelle foreste demaniali ad eccezione di quelle che, secondo le disposizioni regionali, sentito il parere dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica, non presentino condizioni favorevoli alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica;
d) l’esercizio venatorio ove vi siano opere di difesa dello Stato ed ove il divieto sia richiesto a giudizio insindacabile dell’autorità militare, o dove esistano beni monumentali, purchè dette zone siano delimitate da tabelle, esenti da tasse indicanti il divieto:
e) l’esercizio venatorio nelle aie e nelle corti o altre pertinenze di fabbricati rurali; nelle zone comprese nel raggio di cento metri da immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro e a distanza inferiore a cinquanta metri da vie di comunicazione ferroviaria e da strade carrozzabili, eccettuate le strade poderali ed interpoderali;
f) sparare da distanza inferiore a centocinquanta metri con uso di fucile da caccia con canna ad anima liscia, o da distanza corrispondente a meno di una volta e mezza la gittata massima in caso di uso di altre armi, in direzione di immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro; di vie di comunicazione ferroviaria e di strade carrozzabili, eccettuate quelle poderali ed interpoderali; di funivie, filovie ed altri impianti di trasporto a sospensione; di stabbi, stazzi, recinti ed altre aree delimitate destinate al ricovero ed all’alimentazione del bestiame nel periodo di utilizzazione agro-silvo pastorale;
g) il trasporto, all’interno dei centri abitati e delle altre zone ove è vietata l’attività venatoria, ovvero a bordo di veicoli di qualunque genere e comunque nei giorni non consentiti per l’esercizio venatorio dalla presente legge e dalle disposizioni regionali, di armi da sparo per uso venatorio che non siano scariche e in custodia;
h) cacciare a rastrello in più di tre persone ovvero utilizzare, a scopo venatorio, scafandri o tute impermeabili da sommozzatore negli specchi o corsi d’acqua;
i) cacciare sparando da veicoli a motore o da natanti o da aeromobili;
l) cacciare a distanza inferiore a cento metri da macchine operatrici agricole in funzione;
m) cacciare su terreni coperti in tutto o nella maggior parte di neve, salvo che nella zona faunistica delle Alpi, secondo le disposizioni emanate dalle regioni interessate;
n) cacciare negli stagni, nelle paludi e negli specchi d’acqua artificiali in tutto o nella maggior parte coperti da ghiaccio e su terreni allagati da piene di fiume;
o) prendere e detenere uova, nidi e piccoli nati di mammiferi ed uccelli appartenenti alla fauna selvatica, salvo che nei casi previsti all’articolo 4, comma 1, o nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri di riproduzione di fauna selvatica e nelle oasi di protezione per sottrarli a sicura distruzione o morte, purchè, in tale ultimo caso, se ne dia pronto avviso nelle ventiquattro ore successive alla competente amministrazione provinciale;
p) usare richiami vivi, al di fuori dei casi previsti dall’articolo 5;
q) usare richiami vivi non provenienti da allevamento nella caccia agli acquatici;
r) usare a fini di richiamo uccelli vivi accecati o mutilati ovvero legati per le ali e richiami acustici a funzionamento meccanico, elettromagnetico o elettromeccanico, con o senza amplificazione del suono;
s) cacciare negli specchi d’acqua ove si esercita l’industria della pesca o dell’acquacoltura, nonchè nei canali delle valli da pesca, quando il possessore le circondi con tabelle, esenti da tasse, indicanti il divieto di caccia;
t) commerciare fauna selvatica morta non proveniente da allevamenti per sagre e manifestazioni a carattere gastronomico;
u) usare munizione spezzata nella caccia agli ungulati; usare esche o bocconi avvelenati, vischio o altre sostanze adesive, trappole, reti, tagliole, lacci, archetti o congegni similari; fare impiego di civette; usare armi da sparo munite di silenziatore o impostate con scatto provocato dalla preda; fare impiego di balestre;
v) vendere a privati e detenere da parte di questi reti da uccellaggione;
z) produrre, vendere e detenere trappole per la fauna selvatica.
La vigilanza sulla applicazione della presente legge e delle leggi regionali è affidata:
a) agli agenti dipendenti degli enti locali delegati dalle regioni. A tali agenti è riconosciuta, ai sensi della legislazione vigente, la qualifica di agenti di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza. Detti agenti possono portare durante il servizio e per i compiti di istituto le armi da caccia di cui all’articolo 13 nonchè armi con proiettili a narcotico. Le armi di cui sopra sono portate e detenute in conformità al regolamento di cui all’articolo 5, comma 5, della legge 7 marzo 1986, n. 65;
b) alle guardie volontarie delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale nazionali presenti nel Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale e a quelle delle associazioni di protezione ambientale riconosciute dal Ministero dell’ambiente, alle quali sia riconosciuta la qualifica di guardia giurata ai sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.
La vigilanza di cui al comma 1 è, altresì, affidata agli ufficiali, sottufficiali e guardie del Corpo forestale dello Stato, alle guardie addette a parchi nazionali e regionali, agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, alle guardie giurate comunali, forestali e campestri ed alle guardie private riconosciute ai sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza; è affidata altresì alle guardie ecologiche e zoofile riconosciute da leggi regionali.
Gli agenti svolgono le proprie funzioni, di norma, nell’ambito della circoscrizione territoriale di competenza.
La qualifica di guardia volontaria può essere concessa, a norma del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, a cittadini in possesso di un attestato di idoneità rilasciato dalle regioni previo superamento di apposito esame. Le regioni disciplinano la composizione delle commissioni preposte a tale esame garantendo in esse la presenza tra loro paritaria di rappresentanti di associazioni venatorie, agricole ed ambientaliste (art. 27).
I soggetti preposti alla vigilanza venatoria ai sensi dell’articolo 27 possono chiedere a qualsiasi persona trovata in possesso di armi o arnesi atti alla caccia, in esercizio o in
attitudine di caccia, la esibizione della licenza di porto di fucile per uso di caccia, del tesserino di cui all’articolo 12, comma 12, del contrassegno della polizza di assicurazione nonchè della fauna selvatica abbattuta o catturata.
Nei casi previsti dall’articolo 30, gli ufficiali ed agenti che esercitano funzioni di polizia giudiziaria procedono al sequestro delle armi, della fauna selvatica e dei mezzi di caccia, con esclusione del cane e dei richiami vivi autorizzati. In caso di condanna per le ipotesi di cui al medesimo articolo 30, comma 1, lettere a), b), c), d), ed e), le armi e i suddetti mezzi sono in ogni caso confiscati (art. 28).
Invero, la L. 11 febbraio 1992, n. 157, art. 28, comma 2, dispone che, in caso di condanna per le ipotesi di reato di cui all’art. 30, comma 1, lettere a), b), c), d) ed e), le armi ed i mezzi di caccia siano in ogni caso confiscati. Si tratta, come chiaramente emerge dal tenore della disposizione, di confisca obbligatoria. Il successivo art. 30 stabilisce poi, al terzo comma, che “salvo quanto espressamente previsto dalla presente legge, continuano ad applicarsi le disposizioni di legge e di regolamento in materia di armi“. Delle due disposizioni la giurisprudenza di legittimità ha fornito, nel tempo, una uniforme interpretazione, rilevando come la norma preveda espressamente la confisca solo in caso di condanna e per le ipotesi di reato esplicitamente indicate, avendo stabilito che “il divieto di revoca del sequestro delle cose soggette a confisca obbligatoria, previsto dall’art. 324, comma settimo, C.p.P., non trova applicazione analogica in riferimento al fucile da caccia sequestrato per la violazione della legge sulla caccia, poiché l’arma, ai sensi dell’art. 28, comma secondo, della L. 11 febbraio 1992, n. 157, è soggetta a confisca solo in caso di condanna“. (cfr., ex multis, Cass., Sez.3, n. 18545 del 07/04/2010; Sez. U, n. 40847 del 30/05/2019).