Forma dell’impugnazione. Appello penale

forma dell'impugnazione Mancata assunzione di una prova decisiva Sentenza predibattimentale di proscioglimento Il principio di ne bis in idem Incidente probatorio Reato continuato Induzione indebita a dare o promettere utilità Attenuante del ravvedimento operoso Attenuante della collaborazione processuale Attenuanti generiche La sospensione condizionale della pena Prova e indizi Responsabilità Applicazione della pena su richiesta delle parti Misure alternative alla detenzione carceraria Defendendi Il principio di offensività Reato continuato Atti sessuali con minorenne Particolare tenuità del fatto Il reato di furto Regime di procedibilità per taluni reati Ricettazione Omicidio preterintenzionale beni culturaliLa forma dell’impugnazione (nell’appello penale) trova una specifica disciplina nell’art. 581 C.p.P., come modificato dalla Legge 23 Giugno 2017, n. 103 (cd. “Riforma Orlando“):

L’impugnazione si propone con atto scritto nel quale sono indicati il provvedimento impugnato, la data del medesimo e il giudice che lo ha emesso, con l’enunciazione specifica, a pena di inammissibilità:

a) i capi o i punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione;
b) delle prove delle quali si deduce l’inesistenza, l’omessa assunzione o l’omessa o erronea valutazione;
c) delle richieste, anche istruttorie;
d) dei motivi, con l’indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.

Per forma dell’impugnazione si intende le regole formali che la stessa deve rispettare.

Al riguardo si osserva che, allo scopo dichiarato di chiarire “quali siano, ai fini dell’ammissibilità dell’atto di appello, i requisiti di specificità dei relativi motivi“, sono intervenute, nella vigenza della disciplina antecedente alla nuova disciplina in tema di impugnazioni introdotta dall’art. 1, comma 55, L. 23 Giugno 2017, n. 103 (cd. “Riforma Orlando”) – che ha riformulato il testo dell’art. 581, C.p.P., prevedendo che l’impugnazione è inammissibile nel caso in cui non contenga “l’enunciazione specifica dei motivi, con l’indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta” – le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, attraverso un arresto di fondamentale importanza, con cui si è contestata la tesi, pur emersa in passato nella giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. 5, n. 41082 del 19/09/2014), secondo cui l’esigenza di specificità del motivo debba essere valutata in sede di appello con minor rigore rispetto al giudizio di legittimità.
Si è così affermato che l’appello, al pari del ricorso per cassazione, è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato (cfr. Cass., Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016).
Può, dunque, dirsi che la specificità dei motivi, sia nella nuova che nella previgente disciplina del codice di rito in materia di impugnazioni, deve essere valutata con il medesimo rigore, rappresentando requisito indefettibile sia dell’appello che del ricorso per cassazione, pena l’inammissibilità del motivo stesso, assumendo rilievo anche nel giudizio di appello la cd “inammissibilità estrinseca” o “relazionale“, configurabile tutte le volte in cui l’appello si appalesa generico per l’omesso confronto argomentativo con la motivazione della sentenza impugnata, onere, quest’ultimo, direttamente proporzionato alla specificità delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata.
La differenza tra il giudizio di appello e il giudizio di legittimità, in altri termini, secondo le Sezioni Unite, non consente di affermare che l’atto di appello non debba conformarsi all’esigenza di “specificità estrinseca”, definita come la esplicita correlazione dei motivi di impugnazione con le ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della sentenza impugnata, la cui inosservanza, pertanto, impone, anche nel giudizio di secondo grado, la dichiarazione di inammissibilità dell’appello, ai sensi dell’art. 591, C.p.P.
Il che non significa che sia di per sé causa di inammissibilità nel giudizio di appello la riproposizione di questioni già di fatto dedotte in prima istanza, ma solo che l’appello deve essere connotato da motivi caratterizzati da specificità, cioè basati su argomenti che siano strettamente collegati agli accertamenti della sentenza di primo grado di primo grado, di cui l’appellante non può non tenere conto. (Corte di Cassazione n. 36941/2021).

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *