L’imputato minorenne, a seguito del decreto di giudizio immediato, può chiedere il giudizio abbreviato così come previsto nel procedimento ordinario dall’art.458 C.p.P.; entrambi i procedimenti speciali sono compatibili con il processo minorile, e pertanto non vi è ragione alcuna di ritenere precluso al minore la possibilità di chiedere il giudizio abbreviato.
In merito alla competenza funzionale a celebrare il giudizio abbreviato quando la richiesta sia proposta a seguito di decreto di giudizio immediato, il codice minorile non offre però indicazioni specifiche.
L’art.1 del codice minorile, al primo comma, afferma che, per quanto non previsto dalle disposizioni del decreto, nel procedimento a carico di minorenni si osservano le disposizioni del codice di rito ordinario; al secondo comma, che “tali disposizioni” (ovvero le disposizioni di cui al Decreto n.448 del 1988 e quelle del codice di procedura penale) “vanno applicate in modo adeguato alla personalità e alle esigenze educative del minore“.
Il principio di adeguatezza applicativa, legato al più generale principio di minima offensività, impone di evitare, nell’esercizio della giurisdizione penale, ogni pregiudizio al corretto sviluppo psicofisico del minore, nonché di adottare le opportune cautele per salvaguardare le correlate esigenze educative, favorendo una risposta adeguata al caso concreto.
La questione sulla competenza funzionale a celebrare il giudizio abbreviato quando la richiesta sia proposta a seguito di decreto di giudizio immediato è già stata affrontata e decisa dalla giurisprudenza di legittimità, nel senso di ritenere applicabile la disposizione di cui all’art. 458 C.p.P., per la quale la competenza funzionale a celebrare il giudizio abbreviato, che segua a decreto di giudizio immediato, appartiene al giudice delle indagini preliminari, seppur persona fisica diversa, per ragioni di incompatibilità ex art.34 comma 2 C.p.P. da quella che ha emesso il decreto di giudizio immediato.
L’art. 28 del codice minorile non offre infatti alcuna indicazione in favore del fatto che sospensione del processo e messa alla prova debbano necessariamente essere disposte dal giudice collegiale, né alcuna influenza può esplicare il disposto di cui al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 50 bis, comma 2, relativo alla composizione necessariamente collegiale del Giudice dell’udienza preliminare, atteso che il medesimo articolo prevede la composizione monocratica del Giudice per le indagini preliminari, che nessuna deroga è prevista in punto di competenza di tale Giudice e che la diversità delle previsioni circa la composizione dei due organi non pone problemi di legittimità costituzionale nemmeno con riguardo all’ipotesi di ultrattività delle funzioni del giudice delle indagini preliminari.
Se è vero infatti che meritano senz’altro condivisione le ragioni poste a base della scelta collegiale dell’organo deputato a tenere l’udienza preliminare, deve peraltro sottolinearsi che il rito minorile preveda, agli artt. 26 e 27 anche altri casi di definizione del procedimento con sentenza da parte del giudice delle indagini preliminari.
La definizione del procedimento da parte di un organo monocratico in accoglimento delle richieste di applicazione di pena o di giudizio abbreviato avanzate a seguito della notifica del decreto di giudizio immediato presenta poi una sua specificità rispetto a quella, prevista in via generale e ordinaria, demandata al giudice dell’udienza preliminare, e non appare infine contraria a principi di ragionevolezza la scelta legislativa di affidare in alcune specifiche occasioni ad un organo monocratico, non arricchito dalla partecipazione di due giudici onorari, la definizione del procedimento a carico di persona minorenne.
Anche il giudice togato è infatti un giudice specializzato in ragione della particolare professionalità nel settore minorile.
Corte di Cassazione Penale Sent. n. 44619 Anno 2013