Giudizio di bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti – “privilegiate”

Giudizio di bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti Ingiuria o diffamazione Diversa qualificazione giuridica del fatto Decreto di citazione Principio dell'affidamento Sfruttamento dell’attività di prostituzione Legittimazione del procuratore generale Lenocinio Ingerenza della suocera Infedeltà coniugale Prossimi congiunti Accesso abusivo Diffamazione a mezzo Efficacia probatoria delle dichiarazioni rese dalla parte offesa Decoro architettonico Perdono giudiziale reato di estorsione Registrazioni di conversazioni tra presenti Messaggi amorosi all'amante body shaming Prescrizione Diritto di obiezione di coscienza Abitualità nel reato Fabbricazione e commercio di beni Accompagnamento Infibulazione Astensione dalla commissione di nuovi reati aggravanti specifiche favoreggiamento della prostituzione Favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione Fotografia Originalità Mancata trasmissione degli atti al Prefetto befana Dare dello "stupido" Responsabilità del conducente 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(primo, secondo e terzo comma):

Quando concorrono insieme circostanze aggravanti e circostanze attenuanti, e le prime sono dal giudice ritenute prevalenti, non si tien conto delle diminuzioni di pena stabilite per le circostanze attenuanti, e si fa luogo soltanto agli aumenti di pena stabiliti per le circostanze aggravanti.

Se le circostanze attenuanti sono ritenute prevalenti sulle circostanze aggravanti, non si tien conto degli aumenti di pena stabiliti per queste ultime, e si fa luogo soltanto alle diminuzioni di pena stabilite per le circostanze attenuanti.

Se fra le circostanze aggravanti e quelle attenuanti il giudice ritiene che vi sia equivalenza, si applica la pena che sarebbe inflitta se non concorresse alcuna di dette circostanze.

Ulteriore questione si pone con riguardo alle circostanze privilegiate.

Rientrano, infatti, tra le circostanze privilegiate quelle previste in tema di terrorismo (art. 1, terzo comma, D.l. 15 dicembre 1979, n. 625, convertito dalla Legge 6 febbraio 1980, n. 15, art. 280, quinto comma C.p. e, dal 2003, art. 280-bis, quinto comma, C.p.), di falsità finalizzate all’indebito conseguimento di contributi statali disposti a favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici in Irpinia (art. 15-quater, d.l. 26 novembre 1980, n. 776 convertito dalla Legge 22 dicembre 1980 n.874), di reati di stampo mafioso (art. 7, D.l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito dalla Legge 12 luglio 1991, n. 203, ora art. 416-bis.1 C.p.), di contrabbando di tabacchi lavorati esteri (art. 291- ter, terzo comma, D.P.R. 23 gennaio 1973, n.43, ove però il regime di privilegio è limitato al caso di concorso tra le aggravanti di cui alla lettera a del secondo comma della medesima disposizione e le circostanze attenuanti generiche). Alla medesima categoria è riconducibile l’aggravante prevista dall’art. 7, D.l. 31 dicembre 1991, n. 419, convertito dalla Legge 8 febbraio 1992, n. 172, in relazione ai delitti elencati nell’art. 275, comma 3, C.p.P., nel caso in cui il determinatore sia stato il genitore che esercita la potestà genitoriale o il fratello o la sorella.
Nel 1993 il legislatore ha accordato il particolare “privilegio” nel giudizio di bilanciamento anche alla circostanza aggravante della discriminazione razziale (art. 3, D.l. 26 aprile 1993, n. 112, convertito dalla Legge 25 giugno 1993, n. 205, ora art. 604-ter C.p.).
Nel 2002 sono state “blindate” anche le circostanze aggravanti del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina (art. 12, comma 3-quater, D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286) e, successivamente, quelle relative ai reati di riduzione in schiavitù, di tratta e di prostituzione e pornografia minorile (art. 600-sexies C.p., ora 602-ter, decimo comma, C.p.), ai reati transnazionali (art. 4, Legge 16 marzo 2006, n.146, ora art. 61-bis, C.p.), alla recidiva reiterata (art. 69, quarto comma, C.p.), ai reati di omicidio e lesioni colpose causate da chi in versa in uno stato di ebbrezza alcolica in violazione della normativa del Codice della strada (art. 590-quater, C.p.) e all’illecito utilizzo delle tecniche di sperimentazione sugli embrioni (art. 13, Legge 19 febbraio 2004, n. 40).
Il catalogo delle circostanze aggravanti dotate di “privilegio“, del cui regime edittale viene garantita ex lege l’applicazione nel confronto con concorrenti circostanze di segno opposto, è stato successivamente ampliato in modo significativo per effetto della Legge 15 luglio 2009, n. 94, recante “disposizioni in materia di sicurezza pubblica“, che le ha previste per i reati posti a tutela del patrimonio, in relazione a condotte aggressive particolarmente violente o insidiose, come nel caso delle ipotesi aggravate di rapina od estorsione, oppure nuovamente in tema di sicurezza stradale con riferimento a condotte di guida particolarmente pericolose per l’incolumità altrui (artt. 186, comma 2-sexies e 187, comma 1-quater, D.lgs. 30 aprile 1992, n. 295).

Sul punto la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, è stata chiamata a stabilire se, una volta che siano riconosciute le circostanze attenuanti, queste debbano in concreto operare, incidendo sulla pena del reato aggravato da una circostanza aggravante privilegiata, anche nel caso in cui vi siano circostanze aggravanti non ugualmente privilegiate, cioè aggravanti destinate ad essere sottoposte al bilanciamento ex art. 69 C.p. con le attenuanti.

Nella tipizzazione di una circostanza aggravante “privilegiata” il legislatore enuncia il divieto di prevalenza e di equivalenza delle concorrenti circostanze attenuanti e dispone che “le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall’aumento conseguente alla predetta aggravante“.

La formula normativa recepisce le indicazioni dettate dalla Corte Costituzionale con le sentenze n. 38 del 1985 e n. 194 del 1985, sentenze che hanno escluso la illegittimità costituzionale di un’aggravante “privilegiata” (nel primo caso, quella della finalità di terrorismo che l’art. 1, terzo comma, D.l. 15 dicembre 1979, n. 625, convertito dalla Legge 6 febbraio 1980, n. 15 ha stabilito non sia bilanciabile con circostanze eterogenee; nel secondo quella prevista dall’art. 280, ultimo comma, C.p.), ritenendo che anche rispetto ad essa le circostanze attenuanti possono operare, non in virtù del bilanciamento, vietato a favore delle attenuanti, ma in virtù del disposto dell’art. 63, terzo comma, C.p., che, in caso di riconoscimento di circostanze ad effetto speciale, stabilisce che l’aumento o la diminuzione di pena conseguenti ad altre circostanze non operino sulla pena ordinaria del reato, ma sulla pena stabilita per la circostanza anzidetta.
Va ricordato che il Giudice delle leggi ha offerto in tali occasioni anche un’interpretazione correttiva, finalizzata ad individuare un eventuale spazio di applicazione delle circostanze attenuanti nel caso di concorso con un’aggravante privilegiata, rimettendo al giudice l’alternativa se effettuare il bilanciamento, dall’esito vincolato ope legis in favore dell’aggravante, oppure non effettuarlo ed applicare congiuntamente gli aumenti e le diminuzioni di pena ex art. 63 C.p. Secondo tale prospettazione, la discrezionalità del giudice attiene non al contenuto della valutazione comparativa delle circostanze, ma alla fase antecedente, ossia al momento della scelta se procedere o meno al giudizio di bilanciamento, posponendo l’operatività del vincolo normativo di prevalenza dell’aggravante “blindata” ad una fase successiva. Nelle citate decisioni si sottolinea che il vincolo imposto dalla legge alla circostanza “privilegiata” altera il «perfetto equilibrio valutativo» fondato sulla possibilità per il giudice di addivenire ad uno dei tre esiti della valutazione comparativa (in termini di prevalenza, soccombenza o equivalenza), per cui tale giudizio non può più essere considerato obbligatorio, pena l’assoluta irrazionalità del sistema, ma facoltativo, con possibilità per il giudice di applicare disgiuntamente attenuanti ed aggravanti.

Come detto, la norma cardine da applicare in caso di concorso tra circostanze eterogenee è l’art. 69 C.p. che prevede che il giudice effettui il giudizio di bilanciamento tra le stesse, concludendo per l’equivalenza, ovvero la prevalenza o minusvalenza delle circostanze attenuanti poste in bilanciamento con le circostanze aggravanti. Un vincolo alla discrezionalità del giudizio di bilanciamento previsto da tale disposizione è stato introdotto dalla Legge 5 dicembre 2000, ha stabilito il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti rispetto alla recidiva reiterata, limitando la comparazione favorevole all’imputato alla sola equivalenza. La recidiva ex art. 99, quarto comma, C.p. ha, pertanto, carattere di circostanza a “privilegio” parziale, ovvero a c.d. blindatura debole, nel senso che si sottrae al bilanciamento in termini di minusvalenza, ma ha resistenza parzialmente vincibile mediante la neutralizzazione del possibile aumento a seguito di un giudizio di equivalenza con le circostanze attenuanti.
La disposizione dell’art. 63, terzo comma, C.p. stabilisce, come detto, che in presenza di circostanze aggravanti ad effetto speciale, definite tali in quanto comportano un aumento della pena superiore ad un terzo, l’aumento (o la diminuzione) per altre circostanze concorrenti non opera sulla pena ordinaria del reato, ma sulla pena stabilita per la circostanza stessa, con la precisazione, stabilita nel quarto comma della medesima disposizione, che, in caso si tratti di concorso tra circostanze aggravanti ad effetto speciale, vige la regola del computo obbligatorio della sola circostanza più grave, restando facoltativo un aumento per la meno grave, nei limiti di un terzo della pena.

Occorre valutare le modifiche normative in tema di circostanze del reato che si sono succedute nel tempo.
In base all’originaria formulazione dell’art. 69, quarto comma, C.p., era previsto un regime differenziato per le circostanze aggravanti per le quali la legge stabiliva una pena di specie diversa o determinava la misura della pena in modo indipendente da quella ordinaria del reato (cosiddette circostanze indipendenti o ad effetto speciale), che erano sottratte al bilanciamento. La successiva riforma apportata alla disposizione con il D.l. 11 aprile 1974, n. 99, contenente provvedimenti urgenti sulla giustizia penale, convertito dalla Legge 7 giugno 1974, n. 220, ampliava, invece, l’ambito della discrezionalità del giudice estendendo il giudizio di bilanciamento a qualsiasi circostanza (anche a quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o determina la misura della pena in modo indipendente da quella ordinaria del reato.)
Successivamente il legislatore ha nuovamente introdotto l’esclusione dal meccanismo della comparazione tra circostanze eterogenee in riferimento ad alcune aggravanti, qualificate come “privilegiate“, al fine di perseguire una politica di più rigoroso contrasto di alcune condotte delittuose. È stato così limitato l’ambito della discrezionalità del giudice che, in presenza delle circostanze aggravanti “privilegiate“, potrà tenere conto delle circostanze attenuanti solo dopo aver calcolato l’aggravamento di pena previsto per le citate aggravanti.
In tale prospettiva si richiamano il D.l. 15 dicembre 1979, n. 625, concernente misure urgenti per la tutela dell’ordine democratico e della sicurezza pubblica, convertito dalla Legge 6 febbraio 1980, n. 15, relativo ai reati commessi con finalità di terrorismo e di eversione e la Legge 31 luglio 1984, n. 400, recante “Nuove norme sulla competenza penale” (che ha introdotto modifiche al terzo comma  dell’art. 63 C.p.), e le altre leggi già menzionate al par. 1.2., le quali hanno tipizzato specifiche circostanze aggravanti “privilegiate“, sottratte al giudizio di bilanciamento.
La deroga al bilanciamento in caso di circostanza aggravante “privilegiata” è stata ritenuta legittima dal Giudice delle leggi con la sentenza n. 38 del 1985, dove la Corte costituzionale ha affermato che «nell’art. 69 C.p. […] l’obbligatorietà del giudizio di bilanciamento ha una sua razionalità nell’essenza stessa di quella valutazione, che è giudizio di valore globale del fatto. Ma il legislatore può sospendere l’applicazione dell’art. 69 C.p., togliendo al giudice il potere discrezionale di operare il bilanciamento a compensazione delle aggravanti o a favore delle attenuanti in un’ottica di inasprimento sanzionatorio. Si tratta di una «grave limitazione» che in sé non è illegittima, ma non può accompagnarsi anche alla irrilevanza ex lege delle circostanze attenuanti. Con questa limitazione, si è quindi riconosciuto che appartiene alla discrezionalità del legislatore introdurre speciali ipotesi di circostanze aggravanti privilegiate che siano sottratte al bilanciamento di cui all’art. 69 C.p.». Tale principio è stato puntualmente ribadito nella sentenza n. 88 del 2019.
Se è del tutto corretto considerare il giudizio di bilanciamento tra circostanze eterogenee una valutazione globale del fatto e un momento di esercizio della discrezionalità del giudice, è parimenti in linea con i principi costituzionali che tale discrezionalità sia limitata, ovvero, rectius, vincolata, dal legislatore in riferimento alla presenza di circostanze aggravanti “privilegiate“.
Quindi, una volta che il giudice, nell’ambito della sua discrezionalità, abbia individuato i profili costitutivi di una circostanza aggravante “privilegiata“, egli è vincolato nel meccanismo di calcolo della pena secondo quanto previsto dalla specifica disposizione e, in presenza di altre circostanze eterogenee, non può scegliere un itinerario di commisurazione della sanzione diverso da quello disegnato dagli artt. 69 e 63 C.p.: deve, perciò, operare il giudizio bilanciamento tra circostanze aggravanti che lo consentono e circostanze attenuanti e stabilire all’esito la pena conseguente all’applicazione dell’art. 63, quarto comma, C.p., in caso di minusvalenza, ovvero dell’art. 63, quinto comma, in caso di prevalenza delle circostanze attenuanti.
Del resto le Sezioni Unite Contaldo, nell’occuparsi della circostanza attenuante “privilegiata” ex art. 8 del D.l. 13 maggio 1991, n. 152 (la c.d. dissociazione attuosa), hanno evidenziato la necessità che le esigenze sottostanti alla premialità non obliterino il fatto di reato nella sua oggettiva gravità, la quale deve sempre essere rimessa alla valutazione del giudice, anche attraverso il giudizio di comparazione tra le circostanze.
Quindi, specularmente, il giudice può ritenere prevalenti le circostanze attenuanti a seguito del giudizio di bilanciamento, con possibilità di mitigare la pena stabilita per il fatto di reato aggravato dalla circostanza munita di “privilegio“, tenendo in pari considerazione sia la particolare gravità ritenuta dal legislatore che l’esigenza di valutazione dello specifico fatto sotto il profilo della sua concreta offensività.
L’assunto ha trovato conferma anche in Sez. U, n. 38518 del 27/11/2014 che hanno sottolineato la necessità di salvaguardare i criteri di bilanciamento previsti dall’art. 69 C.p. per il concorso di circostanze eterogenee e quelli di cui all’art. 63 C.p. per l’ipotesi di concorso omogeneo di circostanze, derivanti dalla coesistenza di più circostanze aggravanti ad effetto speciale, ovvero di più circostanze attenuanti ad effetto speciale.

Si afferma il seguente principio di diritto:

«Le circostanze attenuanti che concorrono sia con circostanze aggravanti soggette a giudizio di comparazione ai sensi dell’art. 69 C.p. che con circostanza che invece non lo ammette in modo assoluto, devono essere previamente sottoposte a tale giudizio e, se sono ritenute equivalenti, si applica la pena che sarebbe inflitta – per il reato aggravato da circostanza “privilegiata” – se non ricorresse alcuna di dette circostanze.»

Corte di Cassazione, Sez. U. n. 42414 Anno 2021

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