Gravi indizi di colpevolezza.
I caratteri del procedimento incidentale de libertate
In sede di emissione o conferma del titolo cautelare, va ricordato che il legislatore nel prevedere – all’art. 273 cod. proc. pen. – che nessuno può essere sottoposto a misure cautelari se a suo carico non sussistono «gravi indizi di colpevolezza» ha inteso, come è noto, utilizzare il termine «indizio» non nel suo connotato tradizionale di «elemento di prova critico o indiretto» ma ha inteso riferirsi ai contenuti della prognosi (indizi di colpevolezza) creando un doveroso «rapporto» tra la valutazione in materia di libertà ed il prevedibile esito finale del giudizio (la colpevolezza intesa come affermazione di penale responsabilità) in termini di qualificata probabilità di condanna, sia pure valutata allo stato degli atti.
In ciò, come è stato più volte chiarito, gli indizi di colpevolezza (art.273 cod. proc. pen.) altro non sono che gli elementi di prova – siano essi di natura storica/diretta o critica/indiretta – sottoposti a valutazione incidentale nell’ambito del subprocedimento cautelare e presi in considerazione dal giudice chiamato a pronunziarsi nei modi di cui all’art. 292 comma 2 lett. c cod. proc. pen.
La loro obbligatoria connotazione in termini di «gravità», al fine di rendere possibile l’applicazione della misura, sta dunque a significare che l’esito di tale valutazione incidentale deve essere tale da far ragionevolmente prevedere, anche in rapporto alle regole di giudizio tipiche della futura decisione finale, la qualificata probabilità di condanna del soggetto destinatario della misura.
In ciò è evidente che il giudice chiamato a pronunziarsi in sede cautelare personale ha l’obbligo – per dare corretta attuazione ai contenuti del giudizio prognostico – di confrontarsi :
a) con la natura e le caratteristiche del singolo elemento sottoposto a valutazione (ad es. l’indizio in senso stretto – la narrazione rappresentativa di natura testimoniale – la chiamata in correità o in reità – gli elementi tratti da captazioni di conversazioni);
b) con le regole prudenziali stabilite dal legislatore in rapporto alla natura del singolo elemento in questione (si veda, sul punto, quanto affermato da Sez. IV n. 40061 del 21.6.2012, in tema di elementi di prova critica, con necessità di tener conto anche in sede cautelare della loro particolare caratteristica ontologica);
c) con le regole di giudizio previste in sede di decisione finale del procedimento di primo grado, ivi compresa quella espressa dall’art. 533 comma 1 cod. proc. pen. (norma per cui l’affermazione di colpevolezza può essere pronunziata solo se il materiale dimostrativo raccolto consente di superare ogni ragionevole dubbio in proposito).
Con ciò non si intende dire – ovviamente – che dette regole prudenziali e di giudizio siano «direttamente» applicabili alla particolare decisione incidentale di tipo cautelare ma di certo lo sono in via «mediata» posto che un serio giudizio prognostico di «elevata probabilità di condanna» non può prescindere dalla necessità di proiettare il «valore» degli elementi di prova acquisiti sulla futura decisione e sulle sue regole normative tipizzate in tal sede (in tal senso, tra le altre, Sez. I n. 19759 del 17.5.2011, ove si è con chiarezza affermato che « .. il giudizio prognostico in tal senso – ovviamente esteso alle regole per le ipotesi di incertezza e contraddittorietà considerate dal codice di rito all’art. 530, comma 2 e all’art. 533, comma 1, prima parte – è dunque indispensabile, pur dovendo essere effettuato non nell’ottica della ricerca di una certezza di responsabilità già raggiunta, ma nella prospettiva della tenuta del quadro indiziario alla luce di possibili successive acquisizioni e all’esito del contraddittorio..»).
Da qui la necessità di identificare – da parte del giudice chiamato a pronunziarsi sulla domanda cautelare – in modo specifico e razionale il significato incriminante degli elementi raccolti sino al momento della decisione e sottoposti al suo esame, con convincente e rassicurante attribuzione di significato a detti elementi nella descritta chiave prognostica.
Se questo è il compito attribuito al giudice del merito, è altrettanto evidente che la funzione di controllo del ragionamento giustificativo, attribuita al giudice della legittimità ed esercitata in rapporto al contenuto dei motivi di ricorso, non può certo risolversi nella rivalutazione autonoma di singoli segmenti del materiale informativo ma si realizza – doverosamente – attraverso la verifica di completezza, logicità, non contraddittorietà del percorso argomentativo espresso nel provvedimento, in chiave di rispetto «complessivo» della regola di giudizio tipica della fase in questione.
Sul tema, resta valido e chiaro l’insegnamento fornito dalla decisione Sez. U. del 22.3.2000 per cui, in relazione alla natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, la Corte Suprema ha il compito di verificare se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione, riguardante la valutazione degli elementi indizianti, rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie, nella peculiare prospettiva dei procedimenti incidentali de libertate.
Corte di Cassazione Penale sentenza Sez. 1 n. 12913 del 2022