Gustave Klimt è stato indubbiamente l’artista più eclettico, sensuale, romantico e scissionista della fine dell’ottocento; il più grande rappresentante dell’ “Art Nouveau”.
Ardite e trasgressive alcune sue scelte pittoriche in un mondo artistico avviato ad una trasformazione così radicale da generare di lì in avanti oltre trentacinque movimenti alternativi, progressisti, liberali e futuristi.
Ribelle dalla nascita, nel 1897 fondò il movimento della Secessione viennese improntato alla ribellione dei canoni artistici classici e convenzionali di fine secolo.
Scrivendo una lettera aperta al “Kunstlerhaus” (Casa dell’Artista a cui faceva capo la struttura associativa degli artisti viennesi del movimento) Gustave Klimt spiegava che
“il suo scopo nel dipingere era quello di portare la vita artistica viennese a confrontarsi con l’evoluzione dell’arte estera oramai scevra dalle imposizioni di mercato”.
In effetti, più che una protesta nei confronti dell’arte, fu un mero pretesto per far nascere un concetto di Arte vera in Austria.
D’altronde, la cultura sociale viennese, improntata ed ancorata al classicismo puro e accademico, era destinata a sparire e ciò avvenne in concomitanza con lo scoppio della prima guerra mondiale che decretò la fine dell’impero Austro-Ungarico, legato imprescindibilmente al Decadentismo.
Gustave Klimt sostenne diversi giovani artisti alla sua corte come seguaci: Oscar Kokoschka, esempio di raffinata eleganza nelle cromie ed Egon Schiele, prosecutore di un arte erotica graffiante, provocatoria, quasi pornografica.
Molte similitudini accostano Gustave Klimt a Egon Schiele ma a ben guardare, il loro erotismo espressivo fu nettamente diverso.
Mentre al primo si deve riconoscere un limite di decenza entro il quale riuscì comunque ad imporsi come iniziatore di una corrente “l’Art Noveau”, il secondo, nonostante ebbe a dimostrare capacità artistiche elevate, rimase molto realista ed ancorato eccessivamente allo snaturamento delle concezioni moraliste dell’epoca, concedendo una introspezione interna così espressiva da far gridare più volte allo “scandalo”.
Le sue nudità, sempre alla ricerca di un contatto con se stesso, parlano della psicologia interna delle persone.
Quindi, scelte diametralmente opposte e quantomeno diverse: Gustave Klimt utilizza l’espressione erotica sia per consacrare un immaginario sessuale mutevole ma sempre fervido, sia per sottolineare problematiche sociali mentre Egon Schiele, per dialogare all’interno dell’uomo e, principalmente, per parlare di sé.
Entrambi hanno rappresentato uno spaccato importante dell’arte dei primi del novecento ma mentre di Gustave Klimt se ne parla e si studia nelle scuole, di Egon Schiele poche tracce ed a volte neanche menzionato.
Eppure, dall’analisi artistica degli eventi ad oggi, si potrebbe dire che Gustave Klimt restò concettualmente più superficiale del suo allievo, pertanto, meno completo.
Pensate: la vita di Gustave Klimt, schivo e riservato, è stata riportata all’attenzione mondiale attraverso un metodico lavoro della cinepresa di un suo caro amico, il cineasta cileno Raoul Ruiz, mentre per la parte prettamente artistica, lo si deve a John Malkovich.