Ieri, oggi, domani: una riflessione dopo 50 anni

ieri, oggi, domaniIeri, oggi, domani” è un film dell’anno 1963 diretto dal regista Vittorio De Sica che vede come principali protagonisti due mostri sacri come Sophia Loren e Marcello Mastroianni e, inoltre, con un Premio Oscar nel 1965 come Miglior Film Straniero, tre David di Donatello e un Golden Globe si consacra quale pellicola cinematografica di grande successo nella storia del cinema italiano.

Ieri, oggi, domani” è diviso in tre episodi ambientati in tre diverse città italiane Napoli, Milano e Roma. Il primo episodio, scritto da Eduardo De Filippo, trae origine da un fatto reale: nella città di Napoli la giovane Adelina porta avanti l’attività illegale di vendita di sigarette di contrabbando e per sottrarsi all’arresto e al carcere costringe il marito a una intensa attività sessuale diretta a una lunga serie di gravidanze.

La vicenda romanzata in “Ieri, oggi, domani” trae origine da un fatto realmente accaduto: una giovane donna di Napoli che vendeva sigarette di contabbando ebbe ben diciannove gravidanze per sottrarsi al carcere.

Su tale aspetto si è pronunciata di recente la Corte Costituzionale, (sent. 17 del 2017) affermando quanto segue.

Originariamente, l’art. 275, comma 4, C.p.P., prevedeva non potersi disporre la custodia cautelare in carcere, salva la sussistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando imputata fosse “una persona incinta o che allatta la propria prole”.

Con l’art. 5, comma 2, della L. n. 332/1995 il confine dell’interesse del minore in tenera età al mantenimento di un rapporto continuativo con una figura genitoriale fu spostato in avanti, e il comma 4 venne modificato nel senso che, fatte sempre salve le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, non potesse disporsi la custodia cautelare in carcere quando imputati fossero una donna incinta o madre di prole di età inferiore a tre anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre fosse deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole.

Da ultimo, è stata la L. n. 62/2011 ad aver riformulato il comma 4 dell’art. 275 C.p.P., ampliando ulteriormente la tutela dell’interesse del minore: attualmente, la custodia cautelare in carcere non può essere né disposta, né mantenuta, quando imputati siano una donna incinta o madre di prole di età non superiore a sei anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole.

La Corte Costituzionale ha voluto porre in evidenza la speciale rilevanza dell’interesse del figlio minore a vivere e a crescere nell’ambito della propria famiglia, mantenendo un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, dai quali ha diritto di ricevere cura, educazione e istruzione, ed ha riconosciuto che tale interesse è complesso ed articolato in diverse situazioni giuridiche. Queste ultime trovano riconoscimento e tutela sia nell’ordinamento costituzionale interno, che demanda alla Repubblica di proteggere l’infanzia, favorendo gli istituti necessari a tale scopo (art. 31, secondo comma, Cost.), sia nell’ordinamento internazionale, ove vengono in particolare considerazione le previsioni dell’art. 3, comma 1, della Convenzione sui diritti del fanciullo e dell’art. 24, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 7 dicembre 2000.

Queste due ultime disposizioni qualificano come “superiore” l’interesse del minore, stabilendo che in tutte le decisioni relative ad esso, adottate da autorità pubbliche o istituzioni private, tale interesse “deve essere considerato preminente”.

L’elevato rango dell’interesse del minore a fruire in modo continuativo dell’affetto e delle cure materne non lo sottrae in assoluto ad un possibile bilanciamento con interessi contrapposti, pure di rilievo costituzionale, quali sono certamente quelli di difesa sociale, sottesi alle esigenze cautelari, laddove la madre sia imputata di gravi delitti. La disposizione fa comunque salve le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza.

In tale contesto, la disposizione non preclude in assoluto alla madre, imputata per gravi reati, l’accesso alla misura cautelare più idonea a garantire il suo rapporto col figlio minore in tenera età, ma stabilisce che questo accesso trova un limite, laddove il minore abbia compiuto il sesto anno d’età (tale età coincide con l’assunzione, da parte del minore, dei primi obblighi di scolarizzazione e, dunque, con l’inizio di un processo di (relativa) autonomizzazione rispetto alla madre).

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