Il diritto alla salute e il diritto a trattamenti sanitari

il diritto alla saluteIl diritto alla salute è riconosciuto e garantito dall’art. 32 della Costituzione come un “diritto primario e fondamentale che impone piena ed esaustiva tutela” .

Questa tutela, tuttavia, si articola in situazioni giuridiche soggettive diverse in dipendenza della natura e del tipo di protezione che l’ordinamento costituzionale assicura al bene dell’integrità e dell’equilibrio fisici e psichici della persona umana in relazione ai rapporti giuridici cui in concreto inerisce.

In ragione di ciò, la giurisprudenza costituzionale ha affermato che, considerato sotto il profilo della difesa dell’integrità fisio-psichica della persona umana di fronte alle aggressioni o alle condotte comunque lesive dei terzi, il diritto alla salute è un diritto erga omnes, immediatamente garantito dalla Costituzione e, come tale, direttamente tutelabile e azionabile dai soggetti legittimati nei confronti degli autori dei comportamenti illeciti.

Nello stesso tempo, considerato sotto il profilo del diritto a trattamenti sanitari, il diritto alla salute è soggetto alla “determinazione degli strumenti, dei tempi e dei modi di attuazione” della relativa tutela da parte del legislatore ordinario.

Quest’ultima dimensione del diritto alla salute, comporta che, al pari di ogni diritto a prestazioni positive, il diritto a ottenere trattamenti sanitari, essendo basato su norme costituzionali di carattere programmatico impositive di un determinato fine da raggiungere, è garantito a ogni persona come un diritto costituzionale condizionato dall’attuazione che il legislatore ordinario ne dà attraverso il bilanciamento dell’interesse tutelato da quel diritto con gli altri interessi costituzionalmente protetti, tenuto conto dei limiti oggettivi che lo stesso legislatore incontra nella sua opera di attuazione in relazione alle risorse organizzative e finanziarie di cui dispone al momento.

Questo principio, che è comune a ogni altro diritto costituzionale a prestazioni positive, non implica certo una degradazione della tutela primaria assicurata dalla Costituzione a una puramente legislativa, ma comporta che l’attuazione della tutela, costituzionalmente obbligatoria, di un determinato bene (la salute) avvenga gradualmente a seguito di un ragionevole bilanciamento con altri interessi o beni che godono di pari tutela costituzionale e con la possibilità reale e obiettiva di disporre delle risorse necessarie per la medesima attuazione.

Di qui deriva l’affermazione, compiuta dalla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale ogni persona che si trovi nelle condizioni obiettive stabilite dalla legislazione sull’erogazione dei servizi sanitari ha “pieno e incondizionato diritto” a fruire delle prestazioni sanitarie erogabili, a norma di legge, come servizio pubblico a favore dei cittadini.

La Legge 23 Dicembre 1978, n. 833, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale assicura in egual modo a ogni cittadino, senza distinzione di condizioni individuali o sociali, il diritto a ottenere le prestazioni preordinate alla promozione, al mantenimento e al recupero della salute fisica e psichica secondo le modalità e le prescrizioni stabilite dalla legge.

La stessa normativa statale ammette che, oltre alle prestazioni assicurate in condizioni di eguaglianza dal Servizio Sanitario Nazionale, le regioni o le province autonome possano garantire ai propri cittadini prestazioni sanitarie aggiuntive, sempreché siano previste con legge nel rispetto dei principi costituzionali prima indicati e siano poste a carico del bilancio della regione o della provincia autonoma interessate (art. 25, terzo comma, Legge 27 Dicembre 1983, n. 730).

CORTE COSTITUZIONALE SENTENZA 26 SETTEMBRE-16 OTTOBRE 1990 N. 455

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