Il giardino delle vergini suicide. Film diretto da Sofia Coppola

Il giardino delle vergini suicideIl giardino delle vergini suicide è un film drammatico del 1999 che con la regia di Sofia Coppola (si tratta della sua opera di esordio) e l’interpretazione di Kirsten Dunst (attrice esordiente) e Kathleen Turner ottiene diversi riconoscimenti tra cui la miglior regia nel 2001 al Young Hollywood Awards.

Il film trae ispirazione dal romanzo Le vergini suicide del 1993 dello scrittore statunitense Jeffrey Eugenides.

Il giardino delle vergini suicide è ambientato verso la metà degli anni Settanta in un quartiere di Detroit dove vive la famiglia Lisbon, composta da due genitori e cinque sorelle, tutte adolescenti, di età compresa tra i 13 e i 17 anni. In una atmosfera tra il reale e l’onirico, le cinque fanciulle sono vittime delle idee bigotte della propria madre, la quale nel silenzio dell’altro genitore, impedisce loro ogni forma di socializzazione. Le limitazioni del mondo adulto, in particolare della madre, agiscono come un boumerang nella vita delle cinque ragazze annullando le modalità tipiche della loro età e impedendo, di fatto, lo sviluppo della persona umana.

Prigioniere della loro stessa famiglia che le porta ad un isolamento sociale, nell’illusione di preservare la loro purezza ed integrità, le sorelle Lisbon arriveranno al suicidio, inizialmente della più piccola, che si getta dalla finestra rimanendo uccisa dalla ringhiera del giardino, e poi, sul finale, al suicidio di gruppo delle restanti quattro.

Tutto il film ruota tra l’immaginario e il reale, tra l’espresso e il celato dove affiorano qua e là alcune tematiche come il problema della femminilità, della sessualità, la noia, i misteri e il buio dell’adolescenza.

Il gusto e la cura estetica del film, con le cinque ragazze tutte dalla carnagione chiara e dai capelli lunghi e biondi si contrappone alla penuria e all’apatia dei singoli personaggi, totalmente privi di movimento, indifferenti allo spettatore, oggetti e non soggetti del film.

Al di là degli aspetti psicologici, in merito ai drammi e alla ribellione adolescenziale che in alcuni casi sfocia nel suicidio, la pellicola cinematografica offre molti spunti di riflessione in merito al ruolo dei genitori, e della famiglia più in generale, nell’educazione dei figli e soprattutto nell’emancipazione delle donne. In tale ottica il diritto alla socializzazione delle donne con coetanei dell’altro sesso, (e viceversa), è uno dei diritti fondamentali per lo sviluppo sano della personalità umana e tale diritto deve essere garantito sin dall’infanzia. L’educazione e le misure di apprendimento passano attraverso il confronto con la diversità, con la consapevolezza che uomini e donne sono fisicamente e psicologicamente diversi ma accomunati da una uguaglianza effettiva tra loro.

La Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, approvata il 20 Novembre 1989 e ratificata dall’Italia il 27 Maggio 1991 riconosce all’art. 15 “…i diritti del fanciullo alla libertà di associazione e alla libertà di riunirsi pacificamente. L’esercizio di tali diritti può essere oggetto unicamente delle limitazioni stabilite dalla legge, necessarie in una società democratica nell’interesse della sicurezza nazionale, della sicurezza o dell’ordine pubblico, oppure per tutelare la sanità o la moralità pubbliche, o i diritti e le libertà altrui.” e all’art. 18 “… entrambi i genitori hanno una responsabilità comune per quanto riguarda l’educazione del fanciullo e il provvedere al suo sviluppo“.

Bloccare lo sviluppo dell’identità personale mediante privazioni e restrizioni, soprattutto della libertà, in età infantile e adolescenziale influisce negativamente sul comportamento futuro del singolo, anche sotto il profilo della gestione delle emozioni, (le donne sono maggiormente esposte alla violenza domestica), vanificando, sotto il profilo materiale, l’importante ruolo della famiglia nella società. Il genitore non attento a tali dinamiche può trasformarsi, suo malgrado, nel peggiore nemico del figlio.

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